Settembre 2006: a Trento si sono da poco conclusi i festeggiamenti per i 150 anni dell’emigrazione trentina in Messico. 22 settembre 2006: è uscito il film “Nuovo mondo” che ha per tema l’emigrazione italiana di fine 1800 mentre in televisione Beppe Fiorello interpreta Jo Petrosino. Insomma, l’emigrazione italiana sembra il “must” di quest’autunno.
Ma che Italia era l’Italia del 1800? Si sa, era un’Italia povera, poverissima. La gente era affamata e misera; in alcune zone del Veneto si viveva ancora come nel Medioevo: in casupole – i cosiddetti “casoni” ora sottoposti a tutela e visibili in molte zone della “padania”- fatte di paglia, muri a secco, col tetto di canne e tenute assieme con del fango o del letame. Miseria, miseria nera. E così molta gente faceva fagotto e imbarcava speranze, sogni e famiglia sulla nave a vapore sperando di arrivare a destinazione. Settembre 2006: chi vi scrive si è avventurata – per pura coincidenza, non sono una modaiola in fatto di tendenze- nella lettura del libro del 2003 del giornalista Gian Antonio Stella dal titolo “L’orda, quando gli albanesi eravamo noi” che tratta di…emigrazione! Ebbene, come scrive Stella, oltre alla miseria in Italia il problema era anche culturale. Gli emigranti italiani erano i più ignoranti in assoluto. Ecco cosa scrivevano nel 1901 H. Bolton King e Thomas Okey in “L’Italia di oggi”: “Il Parlamento, che ha profuso milioni in spese militari e in lavori pubblici improduttivi, dà alla scuole la parte loro con mano avara. (…)”.
Anche questo stralcio è riportato dal libro di Stella. La mia lettura a questo punto si è bloccata e il pensiero è partito in cerca di convergenze, paralleli, corsi e ricorsi storici. Quella era la situazione nel 1901… ma proviamo a vedere la situazione dopo oltre un secolo. Italia 2006: spese militari molte e assurde. Lavori pubblici: mastodontici e chimerici (vedi ponte sullo stretto di Messina o TAV). E gli investimenti nell’educazione? Miseria, miseria nera e vergognosa. E sono le cifre (un altro must dei tempi moderni) a parlare. Secondo i dati OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), già ripresi da molte testate nazionali, l’Italia ha investito appena il 4,9% del PIL per l’educazione contro la media del 5,8% degli altri Paesi europei. E non solo: l’Italia è stata superata anche da paesi come la Jamaica, lo Zimbawe, il Messico e la Tunisia che ha investito il 6,4 del Pil in educazione. Certo, la situazione culturale italiana oggi è imparagonabile con quella del 1901, ma la tendenza dell’Italia sembra sempre la stessa. O no?
A voi i commenti, a me la conclusione del pezzo: Historia: magistra vitae!