Oltre 500 giovani assistiti in 25 anni

Data: 01/12/00

Rivista: dicembre 2000

Sono trascorsi oltre 25 anni da quando un gruppo di amici diede corpo all’idea di Paolo Cavagnoli di attivare un’associazione per la gestione di servizi alternativi a quelli tradizionali nel campo dell’assistenza ai minori. Un tempo gli interventi assistenziali per i bambini e ragazzi che dovevano essere allontanati dalla famiglia, erano rappresentati praticamente solo dagli istituti e dai collegi che ospitavano nel solo Trentino oltre 4000 giovani. È stato questo un modo di porsi come novità nella realtà trentina.

Oggi l’Associazione provinciale per i problemi dei minori, in sigla A.P.P.M. è una realtà articolata e con oltre 15 strutture fra gruppi famiglia, centri aperti e centri di aggregazione, con circa 70 dipendenti fra educatori, colf e amministrativi. Una componente importante nel panorama assistenziale trentino al quale si fa riferimento oltre che per la notevole esperienza, anche per la professionalità degli operatori e per la serietà di impostazione in cui il volontariato è rappresentato in modo esclusivo negli organismi gestionali, presidente e consiglio di amministrazione, mentre il personale operativo è tutto professionale.

Per conoscere meglio questa realtà ci siamo rivolti al presidente con alcune domande.

Dott. Cavagnoli come è nata l’idea della A.P.P.M.?

Erano gli anni 75, quelli post contestazione, ero direttore dei servizi sociali della PAT, e quindi vivevo in prima persona i cambiamenti che la società ed il mondo assistenziale stavano maturando. Un giorno si presentò in ufficio, allora al palazzo Astoria, il mio amico di Juventus, il geom. Umberto Fumai, con la proposta di organizzare una associazione per l’assistenza ai poliomielitici. Effettivamente qualche situazione di giovani con le conseguenze del terribile morbo vi erano anche da noi, ma il vaccino aveva segnato la sua fine. La gestione di strutture alternative agli istituti con logica privatistica rappresentava la risposta moderna che il periodo storico richiedeva.

La forza di convinzione e la disponibilità fecero il resto. Il coinvolgimento di alcuni operatori sociali come il presidente del Tribunale dei minorenni, i responsabili dell’Enaoli e dell’Onmi oltre a qualche assistente sociale, diede l’avvio ad una avventura che è tutt’ora in crescita.

Che tipologia di ragazzi assistite?

Dal primo gruppo, praticamente il Focolare di Canova, oggi siamo arrivati a 15 strutture fra gruppi famiglia,centri aperti e centri di aggregazione.

Quali sono le differenze?

Il gruppo famiglia ha il carattere residenziale ed i ragazzi ospiti vengono segnalati dai servizi sociali e dall’autorità giudiziaria. I più giovani di età frequentano le scuole, i più grandicelli vengono avviati al lavoro. I centri aperti, sono solo diurni e riservati a quei ragazzi che hanno qualche problema familiare o di comportamento, con necessità di supporto sia scolastico che personale. I centri di aggregazione invece sono aperti a tutti i giovani. Lo strumento operativo dei centri di aggregazione è una realtà fisica che si chiama l’Area ove educatori impostano con i giovani attività di vario tipo dallo sport al teatro,àalla musica all’animazione con l’obiettivo di raggiungere insieme una crescita armonica e socializzante.

Come scegliete il personale?

Siamo una onlus e quindi non abbiamo scopo di lucro. Le spese che abbiamo sono tutte impegnate per il personale ed i servizi dato che crediaimo nella professionalità degli interventi anche nel campo assistenziale e quindi le assunzioni avvengono per concorso e l’aggiornamento degli operatori è un impegno costante.

Si parla spesso di disagio dei giovani,secondo Lei, da esperto, il disagio esiste?

Bisogna stare attenti a non generalizzare. La frattura generazionale ha sempre evidenziato il disagio nella fascia di età adolescenziale. Oggi tutto è più evidente e quindi anche il disagio viene enfatizzato. Il livello sociale e soprattutto economico con le stimolanti offerte di beni anche superflui, crea il bisogno che deve essere soddisfatto subito e senza fatica. Si tratta di tornare indietro, ma questo non lo devono fare solo i giovani, ma prima di tutti gli adulti. Può essere utopistico, ma questa è la sola teraapia a quella carezza di valori che tutti denunciano e nessuno suggerisce come fare per riscoprire.

In questi cinque lustri quanti ragazzi avete assistitito?

Sicuramente un buon numero, oltre cinquecento nei gruppi famiglia e migliaia nelle strutture di aggregazione.

Risultati?

Senza peccare di modestia e grazie all’impegno di tutti ed in particolare degli educatori, la gran parte dei nostri ragazzi si sono reinseriti in famiglia e nelle comunità di origine con buoni risultati.

Chi vi finanzia?

Siamo un ente le cui entrate in forma di rette, vengono versate dalla Provincia e dagli enti gestori della legge 14 e il nostro budget è nella quasi totalità investito in stipendi per gli operatori per i quali vogliamo una retribuzione che sia un giusto riconoscimento all’impegno che il lavoro con i ragazzi richiede.

Cosa è cambiato dai primi tempi ad oggi nel settore dell’assistente ai minori?

Innanzi tutto oggi non si ricovera più per fame, ma per problemi legati alla relazionalità e al disagio familiare e quindi il rapporto educativo è molto più difficile.

Avete anche ragazzi stranieri?

Due strutture ospitano prevalentemente ragazzi stranieri, prima marocchini ed oggi albanesi. I problemi come è facile comprendere sono diversi e più complessi, dalla lingua, alla cultura e alla mancanza di un nucleo familiare di appoggio, per poi definire le prospettive di vita degli stessi. In ogni caso anche per questi giovani-adulti arrivati in Italia con i gommoni, l’Appm rappresenta una delle poche risposte concrete e alternative alla micro criminalità che facilmente li strumentalizza.

Presidente Cavagnoli, le prospettive per il 2001?

Andare avanti nel nostro lavoro con umiltà e spirito di servizio, sapendo che la casistica è sempre più complessa e quindi qualifìcando professionalmente gli interventi, in collaborazione costante con i servizi del territorio,operando con un occhio al rispetto degli standard delle strutture e con la flessibilità necessaria per rispondere modernamente ai sempre mutabili bisogni dei giovani d’oggi.

precedente

successivo