Oltre al guardrail…

Data: 01/08/11

Rivista: agosto 2011

Questa lettera è stata inviata a l’Adige e pubblicata in data 22 giugno 2011. La stessa riflessione che riproponiamo ora a voi lettori era nata sulla scia di un articolo proposto sul quotidiano qualche giorno prima. L’articolo raccontava del favoloso lavoro di raccolta firme organizzato dagli amici di Daniele “Pedro” Pedrotti, sfortunato ventenne morto a fine marzo in una curva sulla statale della Gardesana. Mobilitazione questa con l’obbiettivo di richiedere alla Provincia l’adeguamento delle barriere guardrail, che ogni anno mietono vittime sulle nostre strade tra i ciclisti e motociclisti. Dunque ci siamo sentiti di dover dare valore a questa iniziativa anche attraverso il punto di vista della nostra Associazione che abbraccia e affronta con diverse iniziative il problema degli incidenti stradali.

Egregio direttore,

sono Giuseppe Melchionna, Presidente dell’Associazione Prodigio, la quale da molti anni s’impegna a sensibilizzare ed informare riguardo ai temi dell’handicap e del disagio sociale. Questo, attraverso la pubblicazione di un bimestrale in formato cartaceo e disponibile anche sul web. Inoltre ci occupiamo di informare i giovani sui rischi e conseguenze degli incidenti stradali alcool correlati, tramite incontri che organizziamo nelle scuole medie e superiori del trentino. La nostra associazione ha l’obbiettivo di generare la consapevolezza che ognuno di noi è innanzitutto responsabile di se stesso e delle proprie azioni.

Leggendo con grande rispetto dell’iniziativa promossa per migliorare la protezione ai guardrail, mi sento di aggiungere una riflessione al tema dell’incidenti stradali, avendo sperimentato in prima persona quali possono essere le tremende conseguenze.

Proprio per le delicatezza dell’argomento esso va analizzato nell’insieme delle sue variabili. Non bisogna arrendersi a facili soluzioni pensando di arginare un problema così complesso. Il guardrail così come lo si vede a bordo strada, è indubbiamente una lunga lama affilata che più che proteggere, mutila le sue vittime. Una volta risolto il problema tecnico, giustamente sentito e voluto da molti concittadini, resta però una cultura della strada che è poco consapevole dei pericoli.

Nell’ultimo numero del nostro giornale abbiamo avuto il piacere di intervistare Guido Meda, famoso telecronista sportivo che da quando segue il mondo dei motori si è fatto un’idea di quali siano i limiti da non oltrepassare. Qui di seguito vi riporto un estratto dell’intervista:

“Io ne ho uno di consiglio che è del tutto radicale. […]. Io ho dovuto farmi male per accorgermi che dietro ogni portone c’è una minaccia, che ad ogni semaforo, anche verde, si nasconde un pericolo. Ho imparato a guardare ogni metro di guardrail pensando che può rappresentare la mia fine. Io vado in giro preoccupato. Ed è per me l’unica maniera di muovermi in moto per strada.. Frustrante, se volete, ma penso che sia un passo avanti. Io sono come tutti i motociclisti adulti un sopravvissuto e un miracolato. Cerco di rendermene conto e vado in pista a levarmi i veleni e a soddisfare la mia passione.”

Queste poche battute sintetizzano benissimo ciò che intendo come cultura stradale. Porsi delle domande analizzare quali siano i nostri limiti deve essere un esercizio continuo. Sì, certo, migliorare la sicurezza delle nostre vie è fondamentale, ma il lavoro più impegnativo e difficile da realizzare è quello che ognuno di noi deve operare dentro di sé.

Questo impegno alla responsabilità è di vitale importanza se si vuole che importanti iniziative come quella seguita dopo la tragica morte di Daniele Pedrotti non rimangano limitate.

precedente

successivo