Sempre più spesso il problema della mobilità per i disabili necessita di iniziative concrete. Le aree di parcheggio destinate a “persone con ridotta capacità motoria” risultano essere un elemento di vitale importanza per la piena integrazione sociale. L’attuale normativa prevede che nelle aree di parcheggio devono comunque essere previsti posti auto riservati alle persone diversamente abili. Questo purtroppo non è sufficiente, in quanto con regolarità tali posti sono occupati in modo improprio, creando non pochi disagi a chi ne ha diritto. Per migliorare l’attuale situazione è stata sviluppata una tecnologia che permette di rispondere adeguatamente alle istanze dei cittadini. Vi proponiamo qui di seguito a tal proposito, un punto di riflessione con Felice Caruso. Il responsabile del progetto Park-Busy si è proposto di trovare un rimedio per migliorare la gestione dei parcheggi.
Da dove è partito questo progetto e in cosa consiste?
Noi abbiamo pensato il discorso del Park- tutor osservando come altri sistemi non soddisfino efficacemente l’esigenza che ha il disabile di trovare il parcheggio a lui riservato. Quindi la soluzione che abbiamo pensato è stata quella di installare un sistema integrato che permetta un monitoraggio dei posti auto.
Ci può illustrare come funziona?
Grazie alla tecnologia adesso a disposizione e con alcuni accorgimenti da noi adottati abbiamo creato il controllo dello “stallo”. Questo viene attuato attraverso l’impiego di un sensore interrato nella pavimentazione stradale (una sorta di nodo di 10cm di diametro per 5cm di spessore) in corrispondenza del posto auto che si vuole monitorare. Dopodichè un’antenna posizionata su un palo adiacente rileva il segnale congiunto tra l’ apparecchio interrato e la TAG. La TAG non è altro che un dispositivo di lettura dell’impronta digitale, una sorta di chiave personale portatile ad uso esclusivo della persona disabile interessata. Questo impedisce l’eventuale uso illegittimo dell’apparecchio e permette di ovviare all’annoso problema della contraffazione dei contrassegni arancioni.
E cosa ci può dire riguardo alla tutela della privacy ?E quali garanzie ci sono per il trattamento dei dati sensibili?
Noi forniamo un contrassegno elettronico, ma rispetto a quello cartaceo, non rende noto a tutti che la persona sull’autovettura è un disabile. È una sorta di telecomando sempre in tasca del richiedente che gli permette di accedere al posto auto a lui riservato, una sorta di box auto a cielo aperto. L’utente diversamente abile deve registrare la propria impronta digitale al momento del ritiro del dispositivo. L’impronta rimane memorizzata nell’apparecchio, questo in conformità alle disposizioni del Garante della Privacy che stabilisce il divieto di creare un database di dati biometrici.
Dunque chi monitora concretamente l’utilizzo corretto del posto auto riservato ? Ciò cosa comporta?
Quando il diversamente abile parcheggia, attiva, attraverso l’impronta digitale, il dispositivo, il quale dialoga con il sistema integrato che invia lo stato di legittima occupazione. Sul monitor della centrale operativa della Polizia Locale, quindi, comparirà l’avviso di corretto posteggio. Qualora il posto sia riservato, come previsto dall’art. 381 del D.P.R. n. 495 del 16.12.1992, “Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada”, la segnalazione inviata alla centrale mostrerà se l’utilizzatore sia il reale beneficiario. In caso contrario, la Polizia Locale potrà tempestivamente intervenire sul posto per accertare l’eventuale violazione.
Il fatto di aumentare i posti auto riservati ai disabili, può essere una valida alternativa a quello che proponete voi?
Il sistema più semplice è quello di cogliere in flagrante l’abusivo, sanzionarlo con una multa o sequestrarne la vettura. Allora si riesce forse a correggere questo sistema, altrimenti sarà improbabile riuscire a controllare il corretto utilizzo dei posteggi. E per quanti se ne possano predisporre, il problema rimane irrisolto per il semplice motivo che la gente ha sete di posti auto, come quelli spesso liberi e comodi riservati per definizione alle persone con disabilità.
Potete già citare qualche realtà che ha appoggiato e finanziato la vostra utile iniziativa ?
Premetto che abbiamo registrato un brevetto a livello internazionale e abbiamo presentato il nostro lavoro a Bruxelles. Per quanto riguarda l’Italia, nei contatti avuti con un’amministrazione comunale in particolare, abbiamo avuto riscontro positivo solo sulla carta ma di concreto ancora nulla. Siamo in fiera anche a Padova, in Spagna siamo già avanti come pure in Inghilterra dove abbiamo interlocutori fidati e sarebbe bello visto che è un prodotto italiano, che fosse usufruibile anche dalle persone disabili del nostro Paese. Per quello che posso fare invito le associazioni che si occupano di disabilità a sensibilizzare gli strumenti che, come il nostro, possono fornire una tutela reale.
Ci può fornire qualche dato relativo ai costi?
Si certo. Dunque tra installazione e componenti per uno stallo il costo si aggira tra 400/600 €. Gli elementi sono: il nodo, cioè il sensore interrato in corrispondenza del posto auto; l’antenna, installata sulla segnaletica che indica il posteggio riservato, e la TAG personale del disabile. Noi garantiamo la durata del sistema per dieci anni. Per quanto riguarda il lettore dell’impronta digitale, si potrebbe pensare ad un suo riutilizzo attraverso un comodato d’uso che permetta, così, al fruitore anche l’utilizzo temporaneo del sistema. Questo per dare la possibilità a chi abbia una disabilità non permanente di accedere al servizio, senza subirne costi d’investimento. Tutto questo attraverso il deposito cauzionale di una modica cifra, circa 30 €, che preveda la successiva restituzione dell’apparecchio nel momento in cui l’elemento invalidante viene meno.
Quali potenzialità ha questo sistema? Si potrà liberamente parcheggiare nelle aree riservate di tutte le città italiane e europee?
L’obiettivo è quello di renderlo univoco, in modo da permettere alle persone con disabilità di poter trovare parcheggio anche in luoghi diversi che adottino però lo stesso strumento. Ecco quindi un appello che mi sento di rivolgere a tutte le associazioni che hanno a cuore questa problematica, affinché si possa raggiungere un trasversale e concreto tavolo di confronto dove giungere finalmente a delle soluzioni definitive.