Ultimo lavoro scritto da Andersen e pubblicato nel 1870 a Copenhagen, Peer Fortunato è edito per la prima volta in Italia da Iperborea nel 2005 in occasione del bicentenario della nascita di Hans Christian Andersen.
Certamente più noto per il consistente corpus di fiabe e storie (156 in tutto), tra cui ricordiamo “Il brutto anatroccolo” e “La Sirenetta”, che gli diede fama prima in patria – il Regno di Danimarca – e poi in tutta Europa, Andersen fu anche autore di alcuni romanzi: L’improvvisatore (1835), romanzo di formazione, O.T. (1836), Solo un violinista (1837).
“Peer Fortunato”, nella forma di breve romanzo autobiografico, racconta di Peer: di umili origini, ben presto orfano di padre, ma nonostante ciò fortunato perchè dotato di straordinario talento per il canto e la recitazione che lo porterà al culmine dell’invenzione creativa e del successo. Con il personaggio di Peer, Andersen attua il riscatto del brutto anatroccolo di se stesso che, riprendendo le parole della postfazione di Bruno Berni, “non possedeva i requisiti per far parte del mondo colto della Copenhagen dell’epoca”.
Ritroviamo qui il vissuto autobiografico dell’autore: gli anni duri e miseri dell’infanzia e della giovinezza, il collegio, la speranza di realizzarsi nel teatro a Copenhagen, rivisitati con la leggerezza e l’ironia in una cornice di fiaba.
Fiaba che, però, non prevede quella conclusione felice che le è usuale.
Anzi, Andersen ci stupisce con un finale umanamente tragico, ma che assume una valenza positiva se considerato secondo un’ottica superiore…