PER PRENDERSI CURA DI UN ANZIANO CI VUOLE UN “VILLAGGIO”

Data: 01/02/22

Rivista: febbraio 2022

Un famoso proverbio sostiene che «per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio». Lo stesso dovrebbe valere per gli anziani. Prendersi cura di loro con dignità, cercando di preservane l’indipendenza e di rallentare il decadimento cognitivo, è un compito che la comunità tutta dovrebbe assumersi. «I benefici di un simile rovesciamento di paradigma – assicura il direttore della RSA Opera Romani di Volano Livio Dal Bosco – sono doppi, perché oltre garantire un trattamento più etico degli anziani comportano un significativo risparmio della spesa sanitaria». E dal novembre scorso, proprio a Volano, è attivo un rivoluzionario progetto pilota pronto a dimostrarlo.

Direttore Dal Bosco, come è nata l’idea di costruire un vero e proprio villaggio per ospitare le persone con decadimento cognitivo?

L’opportunità si è presentata cinque anni fa. Con la costruzione della nuova RSA di Volano e grazie a un forte contributo del settore della neuropsicologia clinica – a cui io stesso appartengo – abbiamo infatti deciso di allestire un ambiente protesico per le persone con questo tipo di disturbi.

Cos’è un ambiente protesico?

È il contesto fisico e sociale in cui è immersa la persona con demenza. Nel nostro caso, non parliamo di una casa di riposo, bensì di un vero e proprio villaggio – unico in Italia per rapporto pazienti/spazi – con tanto di trattoria, stazione ferroviaria, caffetteria, parrucchiere, cinema, giardino degli olivi, strade e due piazze. Al suo interno tutto è personalizzato. Gli ospiti non vanno in sala da pranzo, ma al ristorante. Non vivono in stanze, bensì in case contrassegnate da numero civico e bussola delle lettere. Anche gli alloggi sono unici, mirano a ricreare l’ambiente familiare di provenienza. C’è chi si porta un armadio, qualcun altro il comodino.

Un cambiamento di linguaggi che – di fatto – diventa un cambiamento di sostanza.

Esatto, perché la vita quotidiana nel villaggio non è preorganizzata, ma ricalca quella vissuta fuori dalla residenza protetta. Ciò significa che non ci sono schemi fissi, tabelle con attività standard uguali per tutti. L’ospite si gestisce come faceva prima. Può decidere di andare al parco, a bere un caffè in piazza, oppure affrontare un viaggio – virtuale – in treno. Fuori dal finestrino, che di fatto è un maxischermo, scorrono le immagini dei paesaggi della tratta che ha scelto di intraprendere e questo stimolo diventa un’occasione per mobilitare le emozioni, i ricordi, stimolando la memoria e rallentando il decadimento cognitivo.

Più che di costruire un villaggio, quindi, si è trattato di decostruire l’approccio assistenziale tradizionale alla cura delle demenze.

Sì, io dico sempre che quella del villaggio è un’organizzazione lavorativa fluida. Non ci sono turni fissi, schemi rigidi, né un confine netto tra famiglie e operatori. È la comunità tutta che cura. Lo staff non timbra il cartellino, ma si organizza in autonomia in base alle necessità degli ospiti. Il progetto, quindi, va a migliorare contemporaneamente il benessere del paziente e del dipendente, che si sentirà maggiormente responsabilizzato, motivato e facilitato nella possibilità di conciliare famiglia e lavoro.

Quanti ospiti ci sono nel villaggio?

Venti, su un totale di ottanta posti letto disponibili alla RSA di Volano. Nel villaggio – sempre in collegamento con l’Università di Bergamo per l’implementazione dei protocolli di cura – lavora uno staff variegato, composto da due neuropsicologi, fisioterapista, infermiere, educatore professionale e operatori sociosanitari. Gli ospiti sono divisi in due nuclei di dieci, il primo con compromissione lieve e il secondo con compromissione moderata. Noi ci poniamo come obiettivo quello di restituirli al domicilio. Le persone, infatti, possono stare al villaggio anche per un periodo – per esempio se il care giver sta attraversando un momento di difficoltà – per poi tornare però nella propria abitazione.

Quali sono i costi e i benefici di un progetto come quello del villaggio? 

Il villaggio poggia le fondamenta su un investimento da 1,5 milioni di euro. Ma numerosi studi statunitensi mostrano come rallentare il decadimento cognitivo non faccia bene solo all’etica – cosa, peraltro, di primaria importanza – ma sia un investimento intelligente. Si stima infatti che per ogni anno di rallentamento cognitivo rallentato, vi sia un risparmio della spesa sociale-sanitaria pari a cinquantamila dollari.

Per maggiori informazioni: Livio.Dalbosco@operaromani.it

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