Nell’ambito della sensibilizzazione sulle problematiche dell’handicap e sulla sicurezza stradale come motivo di prevenzione, specie nel mondo dei giovani, mi sono recato, su invito dell’associazione Gaia (gruppo aiuto handicap), ad un primo incontro con due classi di terza media di Telve Valsugana alle quali ho parlato delle mie esperienze e affermando il valore della vita “anche a quattro ruote”.
Il Gaia mi aveva in precedenza incaricato di valutare i temi elaborati dai ragazzi, nei quali essi hanno scritto pensieri, formulato opinioni, espresso sentimenti sulla base del loro vissuto in classe; tutti mi sono sembrati motivati e ricchi di sensibilità a riguardo della disabilità.
Fra questi ho scelto, per l’originalità e completezza quello di Sara Berti e Luisa Stoppa premiate durante il momento di festa, che ha seguito l’incontro, presso l’auditorium del polo scolastico di Borgo.
Con piacere riportiamo il testo di Sara Berti della classe 3B.
Negli ultimi tempi, a scuola, abbiamo discusso spesso sul problema dell’handicap e di come bisogna comportarsi con le persone che sono afflitte da questa malattia mentale.
Abbiamo parlato anche di disabili, ragazzi ed adulti paralizzati sulla sedia a rotelle a causa di banali incidenti con l‘auto o con il motorino.
Mio zio Giuseppe si trova in questa situazione da più di vent’anni, e spesso mi racconta la sua storia e di come ha fatto a perdere l’uso delle gambe.
Quando era ancora un ragazzino, egli era spensierato ed allegro, amava stare in compagnia e giocare con gli amici all’aria aperta. Giuseppe andava a scuola, scherzava e rideva, talvolta litigava con i compagni, ma nell’insieme trascorreva una vita tranquilla. Nel giorno del suo quattordicesimo compleanno, i genitori gli regalarono una magnifica moto, che desiderava già da molti mesi. Con essa trascorreva la maggior parte del tempo, percorreva le strade del paese a tutta velocità e faceva a gara con gli amici a chi raggiungeva per primo un certo punto prestabilito. Fu proprio in uno di questi viaggi con il nuovo ciclomotore che mio zio, a causa di un momento di distrazione, non ebbe più il controllo del mezzo e si schiantò contro un camion.
Giuseppe perse la coscienza e le sue gambe si trovarono immobilizzate sotto il peso della moto. L’autista telefonò immediatamente al Pronto Soccorso ed un’ambulanza portò il giovane all’ospedale. Qui egli trascorse circa sei mesi, ma quando ne usci non era più la stessa persona di prima, perché gli arti inferiori erano paralizzati.
Mio zio mi ha raccontato che, anche se non era morto, la vita per lui era finita, perché non poteva né giocare, né scherzare con gli amici o con i compagni di classe.
L’inizio fu per lui un periodo difficile, in quanto non riusciva a credere a ciò che gli era successo e ad accettare lo realtà per quella che era. Poi, però, ha intravisto uno spiraglio di luce, qualcosa che lo ha spinto ad andare avanti, a superare con coraggio le difficoltà per affrontare la vita giorno dopo giorno. Questa forza che lo ha aiutato a non arrendersi è la fede, un valore che per lui ha assunto una grande importanza fin dal giorno dell’incidente.
Ora mio zio sta bene, si è sposato e svolge una professione come tutti gli uomini. Il suo lavoro è lo scrittore: egli compone poesie e storielle in ogni momento libero che ha a disposizione durante la giornata.
Queste sono ispirate alle sue esperienze passate, alle meraviglie della natura e alla voglia di vivere che ogni persona deve avere. Purtroppo lui e sua moglie non potevano avere figli, ma insieme hanno deciso di adottare un bambino, che ora amano e crescono come se facesse veramente parte della famiglia.
Spesso, quando faccio visita allo zio, mi assale una gran tristezza e mi chiedo se io, al suo posto, preferirei morire piuttosto che trascorrere tutta la vita su una sedia a rotelle. Tuttavia, ogni volta che lo vado a trovare, rimango profondamente colpita dalla sua voglia di vivere e dal desiderio che ha di sfruttare ogni occasione per divertirsi. Gli voglio molto bene, perché quando lo incontro, in casa o in giro per il paese, ha sempre qualcosa di carino da dirmi per tirarmi su il morale o semplicemente per esprimermi la sua felicità. Talvolta, prima di addormentarmi, penso alle persone disabili ed agli handicappati, a tutte le cose che devono rinunciare nella loro esistenza e alla solitudine che spesso li assale, ma credo che anche questa sia un’occasione per scoprire i valori che ogni uomo possiede e per capire aspetti importanti della vita che prima si ignoravano. In conclusione, voglio lasciare un messaggio a tutte quelle persone che, per vari motivi, si trovano paralizzate sulla sedia a rotelle o inchiodate in un letto d’ospedale per il resto del loro tempo; vorrei dar loro la forza di continuare e di superare le difficoltà con coraggio, perché la vita è breve ed ogni occasione deve essere sfruttata per viverla bene.
NB: questo testo di tipo narrativo, non rispecchia esattamente la realtà, ma è stato ispirato all’esperienza di un disabile, che ci ha raccontato la sua avventura in un incontro organizzato da alcuni rappresentanti del gruppo GAIA, il quale si è svolto il giorno 17 marzo 2001 nell’auditorium della scuola media di Telve.