Il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all’Adige, che sorge nella suggestiva cornice di un antico monastero agostiniano, è un ricco museo etnografico, depositario delle radici e della memoria di una comunità. È anche un ente accreditato per il servizio civile: qui, fino allo scorso 31 agosto, hanno operato Eleonora Odorizzi e Sofia Agostini. Nell’arco di un anno, le due volontarie sono state coinvolte anche nella preparazione di percorsi guidati rivolti a persone con disabilità o altri bisogni speciali. Questo è il racconto della loro esperienza.
Uno di questi progetti inclusivi – geniale il titolo, “T-essere memoria. Saperi e mestieri del passato” – intendeva offrire una visita il più possibile immediata e concreta ad un gruppo di persone anziane con Alzheimer o altre patologie cognitive e neurodegenerative. Nello specifico, gli ospiti dell’APSP “Abelardo Collini” di Pinzolo. Per rivolgersi a questo pubblico, è stato adottato un approccio sensoriale; durante il percorso, gli utenti hanno potuto osservare e manipolare oggetti e modellini (la falce, i filatoi, il macinino…), venendo stimolati a rievocare ricordi di un passato lontano: canzoni, detti popolari, racconti, testimonianze a prima voce della vita di una volta, emozioni. In particolare, Eleonora e Sofia conservano nella loro memoria «il volto sorridente della nostra amica carbonaia che ha cantato davanti a tutti “La canzone del Carboner”, gustando ogni singola parola che pronunciava».
Un altro banco di prova si è presentato con un gruppo di non vedenti. In questa occasione, le civiliste hanno potuto mettere in pratica quanto appreso nella formazione specifica sulle disabilità visive in contesto museale svolta con AbC Irifor (per le quelle uditive, invece, il Museo è in contatto con ENS). La sfida stavolta era non solo trasmettere i contenuti, ma soprattutto descrivere in modo puntuale oggetti, materiali e spazi, utilizzando un adeguato tono di voce. Considerati i tempi e l’utenza, al fine di predisporre un percorso agevole e coinvolgente, integrando la spiegazione orale con aspetti tattili e sensoriali, è stata compiuta una scelta delle sale da visitare e di alcuni oggetti emblematici e di piacevole manipolazione.
Da questa esperienza, Eleonora e Sofia hanno portato a casa anche un consiglio pratico: «Anche quando avete a che fare con non vedenti, non abbiate paura di dire ‘vedete’, ‘osservate’, ‘guardate’». Un suggerimento utile a entrare nel pensiero di un non vedente, superando un limite mentale autoimposto che nasce dalla volontà di non urtarne la sensibilità. Per entrambe rimane comunque fondamentale, per garantire una visita inclusiva il più possibile piacevole, comunicare prima della stessa con il capogruppo, così da capire in che modo porsi.
L’anno di servizio civile è stato un tempo ben investito per le due ragazze, e ha dato loro importanti indicazioni per il futuro. «Avevo già in mente di insegnare», dichiara Eleonora; «sono partita con l’intento di trovare nuovi strumenti e metodologie per trasmettere conoscenza. Che sia in un museo o in una scuola poco cambia. Penso che le esigenze delle persone siano simili in tutti i luoghi della cultura». Sofia invece vorrebbe rimanere in ambito museale. «Al museo ho appreso qualcosa che ho portato nella vita di tutti i giorni», dice raccontando di come coinvolge la nonna. «E poi», conclude, «vengo da una formazione scolastica dove il tema della disabilità è sempre stato affrontato. Il servizio civile non ha fatto altro che darmi altri strumenti e indicazioni per poter realizzare, un giorno, dei percorsi ad hoc per persone con disabilità visive e uditive, ma anche difficoltà di altro tipo».