Sono qui a contemplare file e file di insalate color verde acceso. La pioggia, lieve, scende quasi come una carezza, senza fermarsi. Su di me ha uno strano effetto: mi intristisce, e parecchio. Sarà la mia meteoropatia. O forse il mio stato d’animo dipende dal colore dei miei occhi: quando piove, diventano grigi e, d’un tratto, come se dagli occhi trapassasse nell’anima, il grigiore si tramuta in malinconia ed il mio animo si immalinconisce. C’è chi mi dice che non è possibile, che, insomma, se sei felice dentro non puoi lasciarti influenzare dal cielo, e se il sole ce l’hai in te, non importa la pioggia fuori di te. Però io non ci credo. Non credo che la pioggia sia solo pioggia ed il sole solamente sole. Comunque no, non voglio tediarvi sugli effetti corporali che la pioggia ha su di me. In realtà, a volte mi accade il contrario. Ciò succede quando cammino sotto la pioggia, e rigorosamente senza ombrello, come mi è accaduto poc’anzi.
Camminare è ristoratore e farlo sotto la pioggia bilancia l’elemento tristezza che questa mi suscita. Camminando sotto la pioggia posso finalmente essere me stessa nel modo più completo che per ora mi è dato conoscere. Provo una sensazione indicibile in quel piccolissimo attimo di attesa, tra una goccia e l’altra: la mia pelle si protende quasi per assaporare in anteprima la goccia che verrà appena dopo, pregustandone la freschezza, inarrivabile e necessaria, di cui sarà portatrice sana. Oh, non fatemi diventare poetica, per favore: per questo basta “La pioggia nel pineto” di d’annunziana memoria. La bellezza salverà il mondo? Può darsi. La pioggia e la poesia il mondo lo salvano di sicuro, e cosa sono se non bellezza? Qual è il destino della bellezza? Qualcuno dice che il suo destino non è il mantenimento del segreto. Perciò, o pioggia, rivelati, palesati al mondo. Scroscia come bellezza, inondaci e bagnaci con il tuo incanto. Mostrati come intuizione assoluta dalla quale inferire la gioia del nostro essere più intimo. Appari, come un “Eureka!”, in una specie di “Piove! Ergo Sum!”.
Metto un piede dietro l’altro, lentamente, provando a farlo con grazia, e sento il rumore dei miei passi, ciak ciak. Vado avanti, sempre avanti, e la pioggia mi segue, scende sul mio viso e cade giù, come mille piccole lacrime, soltanto non salate. Alzo gli occhi e la vedo scendere su di me, incessante, carezzevole, bagnata. La pioggia bagna ed è bagnata. Secondo me, si crogiola nel suo bagnarsi, lo desidera come desidera che la terra sotto di lei si bagni per causa sua. Ama sapersi causa di qualcosa che si bagna. Mi gocciola sugli occhi, sul naso, sulle labbra e, quando l’assaggio, il suo sapore mi sfugge, non si lascia catturare. Piove, ed io sono qui. Piove, e assurdamente provo l’impulso di cantare, volteggiando su me stessa. Lo faccio, e subito un paio di occhi appartenenti ad un uomo in bici mi fissano allibiti. Tranquillo, sto solo cantando sotto la pioggia, nella pioggia, attraverso la pioggia, con la pioggia, per la pioggia. Singing in the rain. Ed è splendido: dovreste provare.