Pitture rupestri e joelette

Data: 01/06/13

Rivista: giugno 2013

Eya ha 8 anni e in aprile con i suoi compagni di classe è andata alla scoperta delle pitture rupestri in Valcamonica. Come affrontare i sentieri, le grotte del tortuoso percorso per arrivare al sito archeologico? Con la joelette e l’aiuto dell’Associazione Gabbia-No! Ecco il suo racconto…

Scesa dal pullman mi sono chiesta come potevano portarmi sulla montagna con questa carrozzina chiamata Joelette.

Ero molto emozionata perché era la prima volta che salivo, ma soprattutto perché andavo in montagna. Ad accompagnarmi c’erano Elisa, Nicoletta, Paolo, Mattia, Lara e il mio papà.

Al momento di salire ero un po’ ansiosa, ma poi mi sono fatta coraggio anche perché c’erano i miei compagni che mi incitavano.

Salita sulla carrozzina siamo partiti per andare a vedere il parco delle incisioni rupestri; appena entrata mi sono subito chiesta come potessero essere queste pietre con queste incisioni.

La nostra guida Ingrid ci ha spiegato la differenza fra incisioni e graffiti, io la sapevo già un po’ perché ce l’aveva spiegata Marilena a scuola e poi ci ha spiegato la differenza tra masso e roccia. Ingrid si differenziava dalle altre persone perché sulla sua uniforme aveva lo stemma, un sole con tre oranti, del parco e portava un bastone con sè per indicare le incisioni sulle rocce.

La prima roccia era molto grande e si faceva difficoltà a vedere le incisioni, soprattutto perché io ero sulla carrozzina e negli spostamenti era molto scomoda. Il percorso era tutto traballante ma era molto bello, perché c’erano tante piante molto grandi di diverso tipo. C’erano tante rocce molto belle; mi è piaciuta soprattutto una roccia che era in verticale che raffigurava il sole, gli oranti e dei cervi, il masso ossimo 8. Le incisioni non si vedevano bene perciò Ingrid ha preso una bottiglietta d’acqua e ha bagnato la roccia. Ci ha fatto vedere anche due montagne che si chiamano Pizzo Badile e Concarena; ci ha spiegato che per gli uomini primitivi il Concarena aveva racchiuso in sè lo spirito della montagna, cioè era il sole che in primavera entrava nella spaccatura e faceva uscire i suoi raggi.

Da questa esperienza ho imparato come comunicavano gli uomini primitivi attraverso i disegni.

 

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