Una notizia Ansa dello scorso 2 dicembre ha aperto grandi speranze agli amputati. Si tratta della prima mano bio-meccanica comandata dal cervello direttamente attraverso i suoi nervi. Tra le pieghe della notizia, però, anche una piccola delusione: tutti ricordiamo il primo trapianto di mano, e parte di avambraccio, effettuato nel 1999 in Francia a Lione. Sembrava, allora, che questa soluzione avrebbe messo fine alle mutilazioni permanenti: un trapianto di braccio, di mano o gamba allo stesso modo di quelli di cuore, fegato o rene. Ben sappiamo infatti quanti lavoratori ma anche quanti ragazzi vengano amputati di arti in incidenti di moto o scoppio di petardi o altri motivi, anche più banali.
La notizia del ‘99 sembrava davvero entusiasmante! In realtà emersero ben presto problemi di compatibilità e funzionalità dell’arto trapiantato così complessi da costringere i chirurghi a buttare acqua sugli entusiasmi suscitati. Il settore della robotica medica, messo un po’ in ombra da quell’intervento, non aveva però chiuso ma, in silenzio, aveva proseguito per la propria strada fino ad arrivare, passo per passo, al 2 dicembre scorso: una mano artificiale controllata dal cervello umano.
Si tratta soltanto di un prototipo messo a punto da due università italiane, Roma e Pisa, ma gli sperimentatori si dichiarano fiduciosi di raggiungere risultati straordinari in un tempo ragionevole, due – tre anni. La mano è stata impiantata ma sarebbe meglio dire collegata saldamente al moncherino del braccio sinistro di un ragazzo che aveva perso l’arto causa un incidente stradale. L’aspetto davvero innovativo dell’intervento è il collegamento tra mano artificiale e sistema nervoso ottenuto mediante quattro elettrodi innestati in due nervi del suo braccio sinistro. Il trapianto è avvenuto un anno fa, novembre 2008, ma non è stata diffusa alcuna notizia per non creare aspettative eccessive. Ora, considerati i risultati, si cercano 30 nuovi volontari disposti ad affrontare l’intervento. L’equipe medica tende però a precisare: i prossimi interventi ci saranno solo quando avremo una tecnologia più avanzata con microchip impiantabili ed una mano “più leggera”, non più di 500 grammi rispetto ai 600 di quella nuova in costruzione ed i due chili di quella attuale.
‘Queste innovazioni porteranno certamente a risultati ancora più significativi in attesa che nuove biotecnologie consentano il grande salto di qualità ossia il trapianto sicuro ed efficiente di un arto ricevuto da un donatore. Allora sì, sarà possibile mettere in condizione chi ha perso una mano al tornio o per una caduta in moto tornare a bersi un caffè con le proprie mani, ad allacciarsi la camicia e infilare la chiave nella toppa della porta di casa.