Oscar Pistorius, l’atleta privo di gambe conosciuto per le “cheethas” (protesi ricurve al carbonio con cui sopperisce alla menomazione), non parteciperà alle Olimpiadi di Pechino. Secondo la Federazione internazionale di atletica, la IAAF, la sua falcata bionica lo svantaggia sui 100 e 200 metri, ma lo avvantaggia oltre i 400. Le sue protesi, infatti, gli consentirebbero di correre alla stessa velocità di atleti mai incidentati dalla sorte, ma con un risparmio di energia del 30%. Quindi, a parità di distanza percorsa, gli resterebbe il 30% in più di energia da investire nella falcata. La IAAF, in un tiramolla di obiezioni, di se, ma e forse lo aveva riammesso alle gare, facendo però trapelare l’auspicio che il sudafricano non riuscisse ad ottenere, entro fine luglio, il tempo minimo di 45”,95 per la qualificazione. Cosa che si è puntualmente avverata! Il periodo speso dietro a tribunali e ricorsi ha impedito al giovane atleta di effettuare un’adeguata preparazione e, nonostante all’ultimo appuntamento di Lucerna fosse riuscito ad ottenere il primato personale (46”,25), il sogno è sfumato. Un’ultima speranza si era palesata con la possibilità di partecipare alla staffetta 4X400 nella squadra della sua nazione, il Sudafrica, ma altri atleti si erano già conquistati precedentemente questo diritto e lui stesso aveva richiesto che in nessun caso si facessero dei favoritismi nei suoi confronti.
Alcune domande alla IAAF da parte di chi vive un handicap ed è stato, a suo tempo, un atleta del salto in lungo rimangono: se Pistorius è avvantaggiato del 30% perché non è riuscito a qualificarsi? Perché, in termini di tempo, nei tre tentativi avuti a disposizione (oltre a Lucerna, quelli di Sheffield e Milano) non è arrivato sul fotofinish in 30 secondi? In via generale perché, quando è sul traguardo, i suoi rivali non sono mediamente indietro di 120 metri (il 30% di 400)? Oppure, al contrario, è ipotizzabile che se avesse le sue gambe naturali, sarebbe sempre in ritardo del 30%?! Un vero imbranato fantozziano! Nel caso Pistorius fosse riuscito ad ottenere il minimo, come avrebbe fronteggiato la IAAF la sua ostinata cocciutaggine nel voler partecipare? Gli avrebbe fatto correre i 400 su una corsia speciale più lunga del 30%, ossia di 520 meri? Oppure, i suoi avversari avrebbero corso contro di lui sul 70% di 400 metri, ossia 280? Oppure, prima del via, il colpo di pistola lo avrebbe sgonfiato con qualche marchingegno del 30% della sua energia?
Ipotizziamo, infine, una sua vittoria alle Olimpiadi! Gli avrebbero messo al collo una medaglia d’oro al 70% (il resto banda e fil de fer)? E dopo le Olimpiadi? Potrà correre ai meeting di atletica solo come fenomeno da baraccone, assieme all’uomo più alto del mondo, al più piccolo, a quello che mangia più Wurstel in un minuto e quello che sbatte gli orecchi più velocemente delle ali di un colibrì? Sarà, per tutta la sua vita agonistica, una “guest star”, un invitato speciale che non corre per le medaglie, ma per la gioia di esserci: unico vero decoubertiniano in un mondo di ipersponsorizzati e falsi dilettanti? Abbiamo inventato le paraolimpiadi per dar modo ai disabili, a parità di handicap, di gareggiare tra loro. Bene, ora c’è uno che si tiene il suo handicap, sfida gli altri sul terreno della loro normalità e che fa la IAAF? Architetta una pinzillacchera con cui sostiene che il suo handicap è un vantaggio, che lui trasmuta i normodotati in handicappati, che approfitta del suo handicap per trasformarsi in un superdotato! Il colmo!
Per Oscar, e per tante persone che vedevano in lui un modello di tenacia da imitare, il sogno Pechino 2008 è sfumato. Ma per un ragazzo di 22 anni, che ha già vinto battaglie molto più dure nella vita, ciò non costituisce una fonte di scoraggiamento: il conto alla rovescia per Londra 2012 è già partito! Speriamo che per allora non vinca più la burocrazia, ma solo cuore, muscoli e polmoni. Buone Olimpiadi a tutti: pronti, partenza, Via!