“Quei miei tonfi densi cumuli di pensieri” di Fabiola Lacroce, edizioni Senso Inverso

Data: 01/04/13

Rivista: aprile 2013

Già il titolo evoca un viaggio in meandri “oscuri”: quelli della mente, quei luoghi dell’anima imperscrutabili. Beba è la protagonista della storia, una studentessa, come tante portata a confrontarsi costantemente con la sua interiorità. E proprio dai suoi pensieri ella non riesce a liberarsi; la sua volontà è tesa ad ottenere la libertà dal suo mondo interiore. La tecnica utilizzata è quella del flusso di coscienza. La mente funge da filtro ed ogni vicenda viene sublimata alla luce della sensibilità della protagonista. La storia d’amore che vive è intensa e complice e nel contempo mossa dalla perenne scoperta dell’altro. Le problematiche sociali e personali che si innestano nella trama del racconto sono molteplici: Angelica, l’amata sorella sarà vittima di un amore violento che la svuoterà piano piano portandola ad un profondo senso di colpa. Questo malessere interiore instillerà in Angelica un senso di inadeguatezza che si convertirà in uno scollamento con la realtà: ecco che la strada dell’anoressia diviene un cammino obbligato quasi come se Angelica volesse punirsi convinta di essere meritevole di botte e percosse.

E Beba sarà costretta ad assistere alla distruzione della dolce sorella divenendo, lei stessa, vittima di questa situazione. I rapporti interpersonali che si presentano al suo giudizio sono spesso consunti e consumati dal tempo come quello dei suoi genitori, altre volte sono fantasmi di passioni mai nate come quello tra l’amica Martina ed il suo compagno. Inoltre, gli studi iniziati più che per accontentare i suoi familiari che per concreta convinzione, sono giunti al termine e il confronto con il futuro, con il cambiamento non viene accolto con positività, ma con timore. Senza svelare troppo è possibile, però dire, che il romanzo ha un’apertura positiva, perché è nei rapporti umani che si trova la strada per migliorarsi e per reagire. Il finale è pervaso da un’esaltazione della filantropia e dell’umanità e da un senso di altruismo che è lo stimolo per rispondere alle problematiche sociali e personali.

Il linguaggio utilizzato è quello evocativo e poetico che consente di dare spessore ai sentimenti e alle tensioni del cuore. Gli stati d’animo sono dipinti come bozzetti fiamminghi con tonalità chiare e pennellate precise; ogni immagine trova il suo contorno e si delinea sullo sfondo delle emozioni. Il libro induce a riflettere su tematiche attuali ed importanti come quella della violenza sulle donne. Purtroppo i dati sono sempre più allarmanti e l’Italia detiene il triste primato di essere il Paese europeo dove si concentra una maggior livello di violenza contro le donne; una donna su due subisce violenza ed in particolar modo questo avviene tra le mura domestiche. E il romanzo mette in luce come questo non coinvolga solo la vittima diretta delle percosse, ma anche i suoi parenti che sono spesso costretti ad assistere impotentemente. Non meno importante è la tematica dei disturbi alimentari e l’intento è quello di far comprendere come sicuramente questa “patologia” intacca maggiormente le persone fragili, ma non sempre affonda le sue radici in questioni di natura estetica: spesso è una reazione, una modalità di punizione che gli animi si infliggono.

Il rispetto della persona umana e della sua dignità dovrebbe essere un valore universale e comune a tutti, ma spesso, troppo spesso, ciò non viene tenuto a mente. Il titolo, scelto appositamente, rimanda ad un campo semantico a tratti soffocante; ognuno di noi è come un condannato a morte con un boa avvolto al collo che metaforicamente rappresenta la sua mente. Senza troppe pretese il romanzo “Quei miei tonfi densi cumuli di pensieri” ci prende per mano e desidera condurci in uno spaccato della nostra società, perché, con i nostri stessi occhi e con i nostri cuori, possiamo conoscere i meandri più “oscuri”: quelli della mente, quei luoghi dell’anima imperscrutabili.

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