Rapporto dei Radicali sulle carceri italiane

Data: 01/10/01

Rivista: ottobre 2001

Si fa un gran parlare ciclicamente del carcere di via Pilati a Trento, edificio alle spalle del Tribunale costruito circa 150 anni fa e più volte ritoccato ma rimasto nella sua struttura di base quello di allora. Dagli anni 70 una nuova sensibilità verso chi commette reato ha portato a ripensare tutto il sistema della reclusione a cominciare dagli edifici ed a questo non poteva sfuggire il carcere cittadino.

Definito ormai da anni obsoleto ed irrecuperabile se ne è progettato uno nuovo, dapprima previsto a Trento sud ma in seguito collocato, sempre e solo sulla carta, agli Spini, zona nord della città. La pressione continua sull’Amministrazione penitenziaria centrale da parte delle nostre autorità fanno ora credere che si sia in dirittura d’arrivo: il 20 settembre scorso pare sia stato dato via libera alle ruspe. L’edificio dovrebbe rispondere ai più moderni criteri di detenzione e rispettare il principio che il detenuto è un cittadino da restituire alla sua comunità.

Pro.di.gio. ha più volte affrontato il problema delle carceri e dei carcerati dal punto di vista del disagio correlato ad un’esperienza detentiva concepita dallo Stato soltanto come sistema di controllo, repressione e contenimento di soggetti devianti da togliere dalla circolazione e non come cittadini di cui tentare un reale recupero sociale.

L’opinione pubblica dal canto suo non percepisce questo risvolto del problema ma si contenta di pensare che i cattivi sono stati puniti e tutto può continuare come prima. In questo modo le carceri italiane si sono trasformate in quei gironi danteschi di dannati che conosciamo. Deprimente al riguardo il rapporto redatto dal partito radicale e dall’associazione Nessuno tocchi Caino sulla situazione carceraria italiana. Eccone alcuni passaggi.

I detenuti delle carceri italiane hanno raggiunto ai primi di agosto, cioè due mesi fa, la cifra di 57.783 (ben 16.378 gli stranieri), il picco più alto dal 1946: a fine luglio ’99 erano 51.427. Oggi, nonostante nel ’98 fossero dieci mila di meno, i detenuti ammessi ai benefici e alle misure alternative alla cella previste dalla legge Gozzini sono diminuiti di 3.846 unità.

Dei reclusi, ben 24.669 erano in attesa di giudizio: non si può dire cioè se siano colpevoli e quindi meritevoli di stare dentro o no. I detenuti con sentenza definitiva sono oggi 33 mila. Il rapporto dei radicali descrive poi le strutture carcerarie da un punto di vista logistico: letti a castello fino a tre livelli, celle col doppio dei detenuti rispetto ai posti previsti, cibo scadente e insufficiente, bagni e cucine nello stesso locale, cambio di lenzuola ogni 15 giorni, meno di due ore d’aria regolamentari al giorno, niente laboratori, niente spazio aperto.

Mancano psicologi, assistenti sociali, educatori (230 detenuti per educatore), secondini (31 mila) e magistrati di sorveglianza (125 in tutta Italia), quelli che devono valutare sulla concessione di misure alternative al carcere per il detenuto che abbia scontato una parte della condanna.

Pare comunque che come i cristiani neanche i detenuti siano tutti uguali. Ci sono quelli, gli “sfigati”, che finiscono in carcere definibili come vere discariche umane: Poggio Reale a Napoli, Ucciardone a Palermo e quelli di Matera, Messina, dove il detenuto arriverebbe rapidamente a tentativi di suicidio o atti di autolesione.

Se invece il detenuto è benestante, ha qualche amico dove conta, ha commesso certi reati e non certi altri, finisce in istituti a tre stelle e anche più: carceri con campo sportivo, possibilità di frequentare corsi scolastici e professionali, celle singole. Sono carceri da considerare al top per comfort: Buoncammino Cagliari opera presso Milano, Lecce, Rebibbia Roma, Marassi Genova.

Se avete problemi di salute meglio trascorrere il tempo dietro le sbarre a Milano, Napoli, Roma e Genova: sono garantite con le specializzate quasi per ogni tanto. Non sarebbe male neanche il carcere di Parma ma ci sono barriere architettoniche. A voi la scelta!

Il nostro, quello di Trento, non è né tra i primi né tra i secondi e del resto qui la criminalità non è devastante come in altre zone d’Italia. Questo però non esime l’autorità competente dal fare il massimo per rendere la detenzione migliore.

Per finire si era fatto anche un gran parlare degli atti di clemenza per i detenuti in modo da ridurre l’affollamento. Il ministro Castelli, pur ammettendo che il problema carcerario in Italia è oggi al limite della civiltà, ha gelato ogni speranza: Non sono contrario agli atti di clemenza ma questi vanno fatti quando lo Stato è forte. Oggi lo Stato è debole.

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