Quella della disabilità, in tutte le sue forme, è una tematica sempre molto attuale, dove si sono fatti molti passi avanti in termini di assistenza e dove però rimangono ancora molti taboo e barriere. Per capire un po’ meglio la questione siamo andati a parlare con un operatore di un centro Anffas che ogni giorno si trova a contatto con la disabilità:
Buongiorno a tutti, sono Luca, operatore referente del centro socio-educativo dell’associazione Anffas trentino Onlus, associazione che si prende cura di persone con disabilità da ormai circa 50 anni. Il centro di via Gramsci, nello specifico, si occupa di persone con disabilità medio-gravi che hanno bisogno di molto supporto, sia dal punto di vista cognitivo che relazionale.
La giornata si articola in diversi momenti, gli utenti arrivano al mattino, dove c’è un primo momento di accoglienza e d’incontro, successivamente si dà il via a delle attività che posso essere ad esempio ginnastica, fisioterapia, attività in acqua, ma anche piccoli laboratori manuali di scultura o piccolo artigianato, nei quali si utilizza principalmente materiale di riciclo. Ovviamente per le persone con disabilità non è facile cimentarsi in queste attività e non possiedono l’autonomia per svolgerle da soli, ma grazie a queste emergono le qualità di ogni persona e si riesce a conoscerli meglio e instaurare un canale relazionale.
Essendo un lavoro basato principalmente sulla relazione e la capacità empatica di comprendere i bisogni dell’altro, è inevitabile esporre la propria persona, dunque anche la componente emotiva è sempre alta. Entrare in relazione con una persona disabile significa anche entrare in relazione con se stessi con le proprie paure, con i propri limiti e le proprie qualità. Solo se si riesce a relazionarsi in maniera diretta, non superficiale, si riesce ad avere un approccio corretto e costruttivo. Spesso non è facile instaurare questo legame, anche perché ogni persona ha bisogni e limiti diversi, quindi bisogna adottare strategie differenti che posso anche rivelarsi vane. È un continuo mettersi in gioco e porsi verso l’altro.
Per quanto riguarda le persone che non sono a diretto contatto con la disabilità, la barriera più grande penso sia quella di fermarsi difronte all’apparenza, non riuscire a riconoscere che oltre la disabilità si ha davanti una persona. Non riuscire a vedere il valore umano della persona, si questo.
Sì, vorrei estendere i miei ringraziamenti a tutto il quartiere, alle persone che ci supportano ogni giorno e all’equipe di lavoro. Sono tutti contributi molto importanti, che costruiscono una realtà solida e collaborativa. Grazie a tutti.