Scuola: poca attenzione all’handicap

Data: 01/02/01

Rivista: febbraio 2001

Il 12 dicembre scorso la Camera dei deputati ha dato il via alla riforma dei cicli scolastici in vigore dal prossimo anno. Duro lo scontro in aula con la maggioranza compatta a difendere la sua legge e l’opposizione pronta a rispondere che in caso di propria vittoria alle ormai prossime elezioni, abrogherà una riforma qualificata come iniqua.

La revisione del riordino dei cicli d’istruzione e della riorganizzazione della scuola dell’infanzia, di base e secondaria era stata affidata dal precedente ministro Berlinguer ad una commissione composta da nove gruppi di lavoro con l’incarico di elaborare un piano.

Lavori completati in ottobre e consegnati al ministero che sulla base dei documenti preparati ha redatto il piano quinquennale di attuazione della riforma e la relazione di fattibilità andata infine in votazione il 12 dicembre con l’esito favorevole di cui abbiamo detto.

Sui media questi riordini sono stati strombazzati con il supporto di esperti più o meno esperti come rivoluzione in campo scolastico, come balzo in avanti di una scuola sempre più attenta a cogliere ed esaltare le diversità e le singolarità di ogni alunno.

Bene, tutti contenti allora? No, perché il rapporto handicap-scuola poiché, almeno ad una prima lettura, non pare aver ricevuto particolari attenzioni, anzi in verità sembra quasi essere stato saltato e se ne fa menzione soltanto sulle riviste specialistiche cui abbiamo attinto per estendere questo articolo.

Premettiamolo subito: le perplessità sollevate contro un riordino che non ha proposto nulla di nuovo sono forti ed esprimono delusione accusando i documenti predisposti di verbosità ed inconcludenza. Pare emergere che l’integrazione scolastica degli allievi e delle allieve in situazione di handicap non sia più una priorità ma non faccia nemmeno parte della costruzione della nuova scuola italiana riordinata secondo le norme della Legge n. 30 del 10 febbraio 2000.

La parola “handicap” viene citata esplicitamente una sola volta nella sintesi dei lavori di un sottogruppo di lavoro coordinato dagli ispettori Maviglia e Fiorin, dove, per la scuola d’infanzia si parla di «un numero di bambini per sezione che consenta una effettiva qualità della relazione educativa, e tale da sostenere i processi di sviluppo e di apprendimento di ciascun bambino e del gruppo, anche in presenza di bambini in situazione di handicap».

Proposta non nuova questa e già messa in risalto sul numero scorso del nostro giornale da una lettera dei genitori in prima linea. Il documento pare ispirato dalla necessità di mettere al centro il “soggetto in evoluzione”, considerato nella completezza delle sue dimensioni costitutive, della sua identità, dei suoi ritmi di crescita e della sua collocazione sociale e culturale.

Gli altri otto gruppi di lavoro niente: perché questa dimenticanza? Davvero non hanno avuto nulla da dire a proposito dell’integrazione scolastica di allieve e allievi in situazione di handicap nella nuova scuola riordinata?

Tanto per dire: quali le finalità e gli obiettivi della riforma nei riguardi del disabile?

Quale inserimento nella secondaria superiore? Quale formazione (e riconversione) per docenti? Quale specializzazione degli insegnanti per il sostegno?

Quali richiami alle diversità o a ritmi e modalità di sviluppo? Si è pensato ad un dopo?

Qualche numero su questi dimenticati, così tanto per dire: durante l’anno scolastico 98/99, nel totale, gli alunni con una disabilità erano 117.643 così suddivisi: 10 mila nelle scuole materne, 50 mila alle elementari, 43 mila nelle scuole medie; 14 mila nelle scuole di secondo grado; 4 mila iscritti all’ultimo anno di corsi in una facoltà: non sono numeri da meritare qualche attenzione?

Non si può negare che negli ultimi anni i riflettori si sono un po’ spenti sull’handicap forse perché si dà per scontato che quanto andava e si poteva fare è stato fatto.

Chi vive in prima persona queste situazioni però, si tratti dell’alunno o dei suoi familiari, sa bene che non è così.

Il rischio di affievolimento se non di accantonamento del problema oggi è più che mai vivo, bisogna evidenziare questo pericolo ogni volta che, sotto il profilo organizzativo, metodologico, didattico, ecc., le iniziative previste possono essere insufficienti a ridurre o annullare l’handicap, in presenza di deficit.

C’è modo di rimediare in appello: il ministro della Pubblica Istruzione ha inviato alle scuole i documenti conclusivi delle commissioni chiedendo a tutti di discuterne, di partire da quei testi per allargare e approfondire la riflessione, di avanzare osservazioni, suggerimenti dati dall’esperienza. Ebbene, facciamoci avanti!

Questa riforma per camminare, per far diventare la scuola luogo dove effettivamente si combatte la dispersione, si potenzia l’eccellenza, si valorizzano le differenze e si combattono le disuguaglianze ha bisogno del contributo del pensiero e dell’operatività di chi vive ogni giorno la quotidianità dei suoi problemi e delle sue sfide. Una prima occasione per agire in verità c’era al momento di pensare il riordino dei cicli ma c’è sempre tempo per cambiare, per ravvedersi.

Al ministro DeMauro, esperto mondiale di linguistica ed alle Camere spetta l’ultima parola: auguri.

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