L’associazione Prodigio, nella persona di “Pino” Melchionna, prosegue la sua attività di sensibilizzazione sull’handicap e le problematiche ad esso correlate nelle scuole. Una delle ultime tappe è stata la scuola media “Aldo Stainer” di Lavis, dove ha incontrato i ragazzi che frequentano la terza media. Vi riportiamo alcuni loro pensieri:
Pino, Giuseppe, a 22 anni era un ragazzo come tanti. Aveva i suoi sogni e le sue speranze che però il 13 luglio 1979 si scontrarono contro un pilone della luce.
L’incidente. Quel 13 luglio Pino era ad una festa di addio al celibato. Una cena con gli amici e poi in macchina, verso la discoteca. Pino attribuisce il suo incidente a 4 motivi:
Pino si sedette dietro, da solo, e rimase lì, “stravaccato”. All’altezza di Pergine (dove c’era la discoteca) l’auto cominciò a sbandare… così, senza apparente motivo. Il guidatore perse il controllo e metà auto, in testa coda, si frantumò contro un pilone della luce. Era la metà posteriore. Dopo l’impatto, fortissimo, Giuseppe Melchionna non sentì più le gambe.
I suoi amici, sopraggiunti poco dopo, lo tirarono fuori dall’auto, cosa assolutamente sconsigliata dato che si peggiorano le condizioni del ferito. Ma le condizioni di Pino sono già gravissime.
La malattia. La quinta vertebra, nella schiena di Pino, si era rotta, lesionando il midollo spinale. Le gambe rimasero paralizzate e le braccia ripresero, con molta fatica, i principali movimenti. Per Pino ricostruirsi la vita fu molto difficile e lo ammiro molto per il modo in cui è riuscito a dirsi: “devo andare avanti. non posso arrendermi”. Pino seguì successivamente un cammino di fede che lo portò vicino a Dio e così riuscì a diventare quello che è oggi: una grande persona nel cuore e nella mente.
Cosa ne pensiamo. Personalmente, come ho già detto, considero Pino Melchionna una grande persona e il suo intervento mi è stato utile per rafforzare la mia convinzione “anti-pericolo”. Pensando a lui ho visto me o tutti miei compagni. Basta un attimo per cambiare per sempre la vita e dopo non si può più tornare indietro…
Sì, Pino ci ha aiutato molto.
Disabili. Dopo l’incidente Pino è costretto su una sedia a rotelle. Un bel cambiamento! Non solo fisico, ma anche mentale. Ora si accorge di cose a cui prima non faceva caso: il marciapiede alto, il gradino, etc. Anche per questo inizia la sensibilizzazione… Oggi questo problema è ridotto, ma non è del tutto sparito. Se vediamo un disabile (o magari anche una vecchietta in difficoltà) ci fermiamo ad aiutarlo? È ora che il muro invisibile, che separa i “normali” da quelli che purtroppo non lo sono sia demolito, distrutto, spazzato via. In fondo non è tanto solido…
Basta un po’ d’amore per spezzarlo.” (Dennis)
“…La vita è troppo importante perché venga “offuscata” da sballo, droga e alcool…
…Le difficoltà bisogna affrontarle a viso aperto, ricordando che ci sono persone che ci vogliono bene e che possono aiutarti nei momenti difficili…
…Bisogna vivere la vita con serenità, pensando che è una sola e non si avranno altre chances…
…Le persone disabili devono essere aiutate e valorizzate perché ognuno di loro ha un percorso di dolore durante il quale ha capito il vero senso della vita e cerca di trasmetterlo agli altri…
…La fede in Dio può aiutare nei momenti oscuri…” (Francesco)
“…Da questo incontro ho potuto capire principalmente 4 cose:
È stato un incontro molto bello, che veramente ci ha dato una lezione di vita anche per il nostro futuro, cioè: amarsi, volersi bene anche se si hanno dei problemi nel lavoro o nella vita. E credo sia importante ricordarselo soprattutto durante il periodo dell’adolescenza.” (Marco)
“…Io gli ho rivolto una sola domanda: con quali soldi si mantiene, perché non avevo ben capito la sua professione. Avrei potuto farne altre, ma mi bastava quello che sapevo e avevo imparato. Infatti mi ha colpito, oltre alla sua casa tecnologica, la sua incredibile forza di volontà. Com’è riuscito a dare un senso alla sua vita e a quella di tanti altri, e a dare a noi, non disabili, la saggezza della sua esperienza. Un’altra cosa che mi ha sorpreso molto è stato il modo con cui si è preso le sue responsabilità: con molta serietà e ripetendolo più volte. Ha detto che “quella sera” erano un po’ ubriachi, avevano la musica ad alto volume, era tardi, andavano veloci e soprattutto che lui, di sua spontanea volontà, aveva scelto proprio quella macchina. E questo prendersi le sue responsabilità, secondo me, è segno di una grande e profonda consapevolezza, limpidezza e maturità, difficili da avere.
Giuseppe Melchionna ha accennato anche al cammino di fede che ha fatto e che gli è servito tantissimo. Io credo che nel suo caso, la forza di continuare una vita serena dopo l’incidente, sia stata forse «una chiamata di Dio».” (Agnese)