Questo ambiguo quesito rappresenta il filo conduttore lungo il quale si sviluppa l’intera pellicola. Siamo nel 1954: Edward Daniels (Leonardo di Caprio), reduce della Seconda Guerra Mondiale e ora agente FBI, viene inviato, insieme al suo nuovo partner (Chuck), su un’isola vicino Boston nella quale si trova il manicomio criminale di Ashecliffe. Da quest’ultimo sarebbe misteriosamente scomparsa una paziente, Rachel Solando, che costituisce formalmente l’oggetto delle indagini dei due protagonisti. In verità sono ben altre le motivazioni che hanno spinto l’agente Daniels a farsi assegnare un caso del genere.
Continua il sodalizio tra il regista Martin Scorsese e Leonardo di Caprio; dopo “Gangs of New York” (2002), “The Aviator” (2004) e “The Departed” (2006), ecco ricomparire nel 2010 il fortunato binomio che, anche questa volta, saprà soddisfare il palato degli spettatori con un thriller psicologico ottimamente congegnato.
L’attenzione viene posta sulla personalità del protagonista, sulla falsariga delle pellicole sopracitate; avremo di nuovo a che fare con un personaggio dal carattere tormentato, caratterizzato da continue contraddizioni, in conflitto costante con la propria metà oscura e fortemente condizionato dal suo passato. Ma qual è la vera motivazione che anima l’agente Daniels? Risolvere il mistero della scomparsa di Rachel Solando, oppure mettersi sulle tracce dell’uomo che ha ucciso sua moglie, un certo Andrew Laeddis, pericoloso piromane rinchiuso proprio ad Ashecliffe? O non saranno forse i sospetti riguardo a presunti esperimenti eseguiti dai dottori dell’istituto sui pazienti, usati come vere e proprie cavie da laboratorio, a costituire l’oggetto delle investigazioni del protagonista?
Gli indizi, più o meno significativi, sono rilasciati con continuità fin dall’inizio del film; scelta che di rivela vincente dal momento che lo spettatore li raccoglie, li “colleziona”, ma solo il finale sarà in grado di calamitarli e riordinarli nel modo giusto per permettere di capire chi è Edward Daniels e perché è approdato su quell’isola.
In sostanza ci troviamo di fronte ad un prodotto di alto livello, magistralmente ideato e sceneggiato, dove realtà e allucinazione si fondono a tal punto da formare un’intricata matassa che lo spettatore riuscirà a sciogliere solo nei minuti conclusivi, il tutto senza intaccare la scorrevolezza della pellicola e la credibilità degli eventi. Menzione particolare va all’impatto visivo prodotto dalle ambientazioni, sia esterne che interne, curate fin nei minimi particolari, suggestive e realistiche. Di Caprio offre un’altra ottima performance, anche se forse il suo personaggio non rimarrà così impresso come altre sue interpretazioni realizzate insieme a Scorsese (Amsterdam Vallon in “Gangs of New York” o il miliardario Howard Hughes in “The Aviator”); certo questo non incide sul valore del film, che offre allo spettatore più di due ore di “ingegnoso intrattenimento”.