SKIES OF MANAWAK

Data: 01/02/22

Rivista: febbraio 2022

Angela Pasqualotto è una ricercatrice dell’Università di Trento presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive. Il suo corso di Educational Technology si occupa di spiegare in che modo la tecnologia e i nuovi media possano risultare utili nello sviluppo dei processi di apprendimento, soprattutto per quanto riguarda gli studenti con bisogni educativi speciali. Il corso si occupa anche di videogiochi. Angela, infatti, ha collaborato allo sviluppo di un vero e proprio videogame, sempre grazie al supporto dell’Università di Trento. Il titolo – chiamato Skies of Manawak – è stato pensato proprio per proporre al suo interno diverse situazioni che stimolassero il miglioramento delle capacità cognitive dello studente. Abbiamo raggiunto Angela e abbiamo parlato un po’ del suo corso davanti ad una tazza di cioccolata calda. Ecco un po’ che ne è venuto fuori.

Ciao Angela, come mai hai deciso di trattare l’argomento dei videogiochi in relazione ai ragazzi con bisogni educativi speciali?

Di formazione sono una psicologa clinica. Sono entrata in contatto con il mondo dei videogiochi grazie ad alcuni amici che sono appassionati videogiocatori e mi sono inserita in un contesto di relazioni amicali con persone che giocavano principalmente a League of Legends e World of Warcraft. Nello stesso tempo ho iniziato la mia pratica clinica focalizzandomi sulla diagnosi e il trattamento di bambini con difficoltà nell’apprendimento. In particolare bambini con dislessie evolutive. Cercavo modalità alternative per allenare alcune funzioni trasversali, tipo le funzioni esecutive, che sono capacità d’attenzione, memoria e lavoro, capacità di inibizione e flessibilità cognitiva. Cercavo un modo per allenarli senza andare direttamente a quelle che erano le difficoltà principali, cioè la lettura, la scrittura o le abilità di calcolo. Il mio obiettivo era piuttosto quello di migliorare queste abilità generali con qualcosa di più divertente. Durante la stesura della mia tesi mi ero occupata proprio di strumenti educativi più tradizionali – i cosiddetti Brain Training. Ne esiste una versione pubblicata per Nintendo DS, che ebbe molto successo all’epoca. Tuttavia, si trattava di un titolo che veniva a noia dopo poche ore, in quanto non proponeva un contesto estetico accattivante. È la differenza che c’è fra i cosiddetti “serious game” e giochi pensati con altri obiettivi. Volevamo che questa differenza non si sentisse, che il giocatore innanzitutto si divertisse. Soprattutto se si parla di bambini è importante, visto che di solito hanno un livello di attenzione molto basso. Vorrebbero avere un’attività che non sia un ulteriore compito. Durante il mio dottorato abbiamo collaborato con il dipartimento di Informatica e in particolar modo con Zeno Menestrina, Adriano Siessel e la professoressa De Angelis. Ci siamo imbarcati in questa avventura che avesse un buon bilanciamento fra esigenze cognitive e ludiche. Lo scopo di allenamento era ben chiaro a tutti quanti, ma fortunatamente abbiamo collaborato anche con un game designer e un grafico.

 

Lo stile grafico di Skies of Manawak è ben riuscito, con un’estetica fantasy molto gradevole. Come avete creato l’ambientazione e il design di personaggi e ambientazioni?

Sono stati gli stessi bambini ad inventare l’estetica e la storia. Abbiamo organizzato un workshop e tramite diversi materiali, come carta, cerapongo e Lego, i bambini hanno creato la storia e hanno ragionato sull’estetica. Le idee più sensate sono state inserite all’interno del gioco.

 

Il gioco, quindi, ha anche una vera e propria narrativa?

Certo. L’obiettivo era quello di avere una vera e propria storia. Riassumendo a grandi linee l’eroe deve affrontare un viaggio di iniziazione e viaggiare attraverso varie isole del suo mondo per superare delle sfide. Ad ognuna di queste sfide corrisponde una meccanica pensata con un esercizio di memoria in testa.

I bambini hanno provato il gioco?

Certo. È stato appena pubblicato un articolo scientifico sulla rivista Nture Human Behaviour nel quale spieghiamo in che modo i bambini hanno reagito agli stimoli.

In base agli studi che avete fatto su Skies of Manawak, quali sono i miglioramenti che una persona sviluppa giocando a un determinato videogioco?

Io lavoro in un lavoro dell’Università di Ginevra in cui ci occupiamo principalmente di action game e plasticità cerebrale. Giocare ai giochi action ma non ad altri tipi di giochi può portare dei miglioramenti sia a livello comportamentale che neuroanatomico. I giochi che non richiedono decisioni rapide ed efficienti – quindi i giochi non action – non migliorano il controllo attenzionale. Quello che caratterizza i giochi action è che ti chiedono costantemente di aggiornare le tue strategie. I giochi di strategia possono essere utili a livello di capacità di pianificazione, ma non portano benefici a livello di controllo attenzionale.

 

Se vi interessa approfondire l’argomento dei videogiochi a scopo terapeutico, potete trovare un altro nostro articolo qui.

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