Startup per il sociale

Data: 01/06/15

Rivista: giugno 2015

Abbiamo parlato con Luca Nardelli, ingegnere biomedico che sta lavorando a un progetto innovativo e rivoluzionario pensato per assistere le persone non vedenti in numerosi gesti quotidiani, dall’attraversamento pedonale al riconoscimento di volti e testi stampati.

L’idea nasce a marzo del 2014 da Luca e dal suo amico e collega Saverio Murgia. Tornando a casa dall’Università incontrano un signore non vedente in difficoltà, perché a causa di un cantiere che modificava il percorso che era solito seguire, non riusciva più ad orientarsi e a raggiungere la stazione.

Un incontro può cambiarti la vita, e speriamo sia così anche per le innumerevoli persone che Horus si propone di aiutare. Proprio quell’incontro ha acceso nei due ragazzi lo spunto per iniziare a pensare ad uno strumento che potesse aiutare chi non vede ad orientarsi più facilmente.

Da qui parte l’idea di Horus Technology, un dispositivo indossabile e poco ingombrante che possa rendersi utile in molti modi a chi lo porta.

Ma facciamoci raccontare meglio da Luca, uno dei due ideatori, nato a Lavis ma che attualmente studia e porta avanti questo progetto a Genova, in che cosa consiste e qual è l’attuale stato dell’arte.

Raccontaci dell’inizio, dall’idea alla realizzazione, quali sono stati i primi passi e gli obiettivi che vi siete preposti?

“L’incontro con quella persona ci ha acceso una lampadina, abbiamo subito capito la sua difficoltà, e mentre lo accompagnavamo per un tratto di strada, già pensavamo a una soluzione tecnologica che potesse aiutarlo con il suo problema di orientamento.

Entrambi abbiamo compiuto studi sulla navigazione robotica, volta per esempio ad evitare gli ostacoli, ci è venuto quindi naturale iniziare a pensare un dispositivo con la capacità di aiutare un non vedente ad interfacciarsi più facilmente con l’ambiente circostante, come ad esempio individuare le strisce pedonali e il loro orientamento, o riconoscere e leggere un semaforo.

Poco tempo dopo abbiamo coinvolto Benedetta Magri per sviluppare la nostra idea e iniziare a concretizzarla. Con lei abbiamo stretto contatto con diverse associazioni che si occupano di disabilità visiva, per raccogliere impressioni e stimoli che potessero indirizzare lo sviluppo della nostra idea.

La squadra fino a poco tempo fa era composta esclusivamente da noi tre, con Saverio nel ruolo di CEO, Chief Executive Officer, o Amministratore Delegato, Benedetta come CMO, Chief Marketing Officer, e io nel ruolo di CTO Chief Technology Officer, per l’ambito delle nuove tecnologie applicate all’azienda.

Dai primi incontri con l’Uici di Chiavari e di Genova, con Ageranv (Associazione Genitori Ragazzi Non Vedenti) e con RP Liguria (Associazione per la retinite pigmentosa) abbiamo ricevuto non solo impressioni molto positive, ma anche preziosi consigli e richieste sulle potenzialità del dispositivo. Ci siamo accorti ad esempio di un notevole interesse per la lettura dei testi stampati, che adesso è una delle funzionalità su cui ci stiamo maggiormente concentrando.

A Maggio 2014 abbiamo partecipato al primo concorso europeo ad Eindhoven, e abbiamo raggiunto il terzo posto. Questo ci ha permesso di essere inseriti nel loro network, che ci è stato sicuramente di grande aiuto per farci conoscere anche in ambito internazionale.

Durante l’estate abbiamo accelerato il lavoro sul software, insistendo principalmente sulla lettura dei testi, la funzionalità più richiesta ma anche molto complessa da realizzare.

Ad agosto abbiamo girato il primo video per una competizione, ed è stata proprio questa l’occasione per fare le prime prove della demo di lettura. Abbiamo organizzato molti incontri con enti e associazioni, distribuito un questionario per sondare al meglio le esigenze dei possibili utilizzatori finali del prodotto, e messo a disposizione i primi prototipi per migliorarne la funzionalità.

Successivamente abbiamo partecipato al percorso di accelerazione #WCAP, Working Capital con Telecom Italia, con loro è poi partito il crowdfunding verso fine novembre. Abbiamo lanciato la campagna per finanziare la costruzione di nuovi dispositivi, e grazie anche al supporto delle associazioni RP Liguria e Uici Liguria, siamo riusciti a raggiungere il 150% dei fondi che avevamo chiesto, ben 30.000 euro totali.

In soli 90 giorni siamo riusciti a coinvolgere donatori dagli U.S.A. ai paesi asiatici, promettendo in cambio, come si usa fare in queste campagne di finanziamento online, dei piccoli premi per chi sosteneva il nostro progetto. Abbiamo preparato ad esempio degli occhiali stampati con la tecnica 3D, e regalato alcuni biglietti per partecipare a uno stage di danza al buio.

I soldi del crowdfunding ci serviranno principalmente per realizzare e distribuire altri prototipi alle associazioni che si sono offerte di individuare le persone più adatte a testarli.

Le competizioni sia a livello locale che in ambito europeo per startup e idee innovative sono un importante campo di prova a livello internazionale e un’ottima occasione di confronto e di miglioramento. Inoltre i soldi dei premi permettono di finanziare lo sviluppo.”

Attualmente a cosa state lavorando, e a che punto siete con lo sviluppo di Horus?

“Lo sviluppo passo dopo passo ci ha portato a definire innanzitutto la struttura del dispositivo, dotato di sensori visivi e di orientamento, e comodamente indossabile grazie al design ad archetto poco invasivo. È presente poi una seconda parte, dove vengono alloggiate la batteria e l’unità di elaborazione dei dati, che può essere tenuta in borsa o in tasca.

Al posto degli auricolari, che potevano penalizzare l’udito, abbiamo preferito la tecnologia a conduzione ossea, che permette a Horus di comunicare con chi lo usa in modo più efficiente.

Per quanto riguarda il software stiamo differenziando lo sviluppo per le diverse funzionalità, stiamo quindi lavorando contemporaneamente alla parte che riguarda l’identificazione delle strisce pedonali e dei semafori, all’area dedicata al riconoscimento degli oggetti, che è in grado di imparare e descrivere gli oggetti di tutti i giorni.

Un’altra caratteristica che renderà il dispositivo molto versatile è l’individuazione dei volti, stiamo implementando le capacità di rilevazione e del successivo riconoscimento, volte alla descrizione della persona che si ha di fronte. Partendo dai tratti del viso, questa tecnologia permetterà all’occhio di Horus di distinguere uomo e donna, di stimare l’età del soggetto, o di comunicare se si sta avvicinando una persona conosciuta e quindi memorizzata dal dispositivo, o qualcuno che ancora non si conosce, e comunicare tutto questo all’utente attraverso una descrizione per sommi capi della figura.

La lettura dei testi è una parte interessantissima, ma che necessita di una notevole rielaborazione di dati e che sta impegnando molto del nostro lavoro. Il software si basa sulla tecnologia OCR, che consiste nel riconoscimento automatico dei caratteri, proprio come fa uno scanner. Il suo limite però è rappresentato dalla capacità di leggere solo documenti piatti, mentre Horus è in grado di riconoscere testi su libri e giornali, quindi con inclinazioni e piegature tipiche delle pagine. Per fare questo bisogna passare molto tempo a programmare il software, affinché sia in grado di compiere le azioni di localizzazione, di compensazioni delle rotazioni prospettiche e delle possibili distorsioni del foglio, dovute alle inclinazioni di quest’ultimo rispetto alla videocamera. Stiamo sviluppando gli algoritmi per la compensazione della curvatura delle pagine e per la lettura di diversi formati di stampa, per esempio a colonne o a pagina intera. Dobbiamo “insegnare” più cose possibili al dispositivo, di modo che sia in grado da solo di capire se nel suo campo visivo è presente un testo, e all’occorrenza guidare poi l’utente nel posizionare e orientare il libro di modo da agevolarne la lettura.

Tutte queste azioni saranno eseguite in locale, senza quindi collegarsi ai server di rete, e le elaborazioni dei dati e la successiva comunicazione dei risultati all’utente dovrà essere molto veloce e precisa.

La lettura dei testi è una delle sfide più complesse su cui stiamo puntando molto, ma è anche una delle risorse più promettenti che caratterizzerà Horus come un valido ausilio alla persona.

Recentemente abbiamo assunto dei ragazzi per aiutarci a sviluppare le tante funzionalità, ma essendo tutti specializzati in software, non abbiamo i mezzi e le competenze tecniche per realizzare delle componenti hardware apposite

Per il momento i componenti dei nostri prototipi sono tutti industriali, le piccole videocamere vengono dal campo della robotica, mentre la custodia l’abbiamo fatta stampare in 3D, ma il nostro obiettivo per la fine del 2015 è iniziare la miniaturizzazione dei componenti, e quindi la creazione ad hoc dei supporti digitali.

Per questo motivo stiamo contattando diverse realtà specializzate nella creazione di hardware su misura, e abbiamo iniziato a stringere contatti con un’azienda in particolare che potrebbe aiutarci in questo. Hanno la tecnologia e l’esperienza per supportarci in questo step decisivo di progettazione e preparazione dei supporti, ma per questo servono mesi di lavoro e molti fondi, perché impegni un’intera azienda sul tuo progetto per un lungo periodo.

Miniaturizzando le componenti apposite saremo in grado di offrire un dispositivo molto potente e maneggevole, in grado di elaborare ad alte prestazioni una grande quantità di dati, e iniziare finalmente la commercializzazione prevista per il 2016.

Nei prossimi mesi quindi ci concentreremo sullo sviluppo del software e parteciperemo ad altri concorsi per farci conoscere sempre più in ambito internazionale. Tra poco parteciperemo ad esempio alla finale della Global Social Venture Competition, competizione per business sociali che si svolge a Berkeley, dove saremo presenti noi e un’altra startup italiana.”

Uno strumento davvero innovativo e pensato interamente per rispondere alle esigenze delle persone non vedenti. Perché credete che questo strumento verrà apprezzato e adottato da molti?

“Speriamo sia così! La lunga preparazione e i continui test e confronti ci hanno permesso di riunire in un unico oggetto moltissime funzionalità diverse, ognuna in grado di semplificare alcuni dei gesti più quotidiani. Questo permetterà a chi indossa Horus di avere sempre a disposizione un aiutante poco invasivo, che ci si dimentica di avere indosso, ma utile a favorire l’autonomia negli spostamenti e l’indipendenza nella vita di tutti i giorni.

Almeno questo è quello che ci dicono i collaudatori dei nostri prototipi!

La capacità di Horus di apprendere e memorizzare, per esempio oggetti e volti, unito alla facile interazione che lo rende uno strumento molto accessibile, saranno i punti di forza di questo dispositivo funzionale e maneggevole.

Per ora abbiamo trovato sempre grande entusiasmo e incitamento verso il nostro progetto, e il nostro obiettivo nel breve termine è anche quello di distribuire un numero maggiore di prototipi, per avere più feedback possibili.

Cerchiamo di sviluppare più presto possibile, ma le idee sono tante e i bisogni a cui possiamo rispondere pure. Abbiamo ancora tanto lavoro e tanti sogni.”

screen shotil sito

 

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