Storicamente considerato passaggio secondario, luogo di scontro e incontro, informazione e controinformazione, talvolta degrado, microcriminalità, ma anche luogo di musica di strada, scambio di sorrisi ed esperienze: il sottopasso all’intersezione tra via Santa Margherita e via Tommaso Gar, è uno dei passaggi che, insieme a Porta San Lorenzo e il sottopasso di Via G. Verdi, uniscono il centro storico al fiume Adige e da lì al quartiere di Piedicastello. Ripercorriamo questa direttrice secondaria e riscopriamo il suo carattere inaccessibile: passato il tempo delle vecchie cinte murarie che limitavano l’accesso all’urbe, oggi spetta al vicino sottopasso di epoca moderna svolgere tale funzione. Una barriera architettonica per molte persone con disabilità e non solo.
Poco distante da qui, c’è Porta S. Margherita. Esempio di architettura antica, accoglie il passante che giunge dal fiume. È il primo luogo storico ben conservato che si incontra andando verso il centro, situata nella parte occidentale della città, è stata risparmiata, insieme a Port’Aquila, dall’abbattimento dell’Ottocento, perché in posizione secondaria rispetto alle maggiori direttrici del traffico cittadino. Testimonia l’antica presenza delle mura duecentesche che proteggevano Trento. La porta, è sovrastata da una torre quadra che si apriva nella cinta muraria urbana e conduceva, fino alla deviazione dell’Adige del 1858, nelle aree agricole a ridosso del fiume. Inserita tra costruzioni ottocentesche, fu in parte interrata dalle ripetute alluvioni.
Il suo carattere secondario è legato ad un aneddoto dal sapore antico. Durante il XIX Concilio ecumenico di Trento, si racconta, che il Cardinale Madruzzo per dare prestigio e carattere austero alla riunione vescovile, decise di espellere temporaneamente dai quartieri del centro, tutti i poveri e i miserabili, i cosiddetti baroni del sol, concentrandoli oltre l’Adige nell’attuale quartiere di Piedicastello. Molti di loro passarono presumibilmente da Porta Santa Margherita, considerata uscita secondaria, distante dagli sguardi dei cardinali e funzionari. In un confessionale nella Chiesa S. Maria Maggiore sarebbero incise un gruppo di sette cifre per indicare il disprezzo che Martin Lutero nutriva per il Presidente del Concilio: Maledetto Madruzzo Martino Mai Muterà Meglio Morire!
Nel tempo, il passaggio si trasforma e muta di funzione, da porta d’accesso all’Urbe, a luogo storico; tuttavia rimane testimone di una tendenza a mantenere inaccessibili gli spazi. È un passaggio pedonale certamente rapido, per chi da piazzale exSIT, vuole accedere al centro, alle università, agli uffici pubblici e ai luoghi storici e culturali che Trento offre.
Oggi, la direttrice è collegata con la sponde dell’Adige, da un sottopasso pedonale all’intersezione con Via Tommaso Gar, che non costituisce certo esempio di uno spazio accessibile. Il passaggio non prevede al momento ausili per persone con disabilità, è attrezzato con un passa mani e una canaletta per spingere le bici. A parte questo, una persona in carrozzina da qui non può passare. In verità, anni fa era presente una pedana elettrica per carrozzine, ma il degrado della zona, i ripetuti atti vandalici e la non troppo comoda fruibilità del dispositivo, hanno portato alla sua rimozione. Senza prevedere alternative.
Una persona con disabilità che lavora o transiti in centro città, è logico che, come chiunque altro, scelga un parcheggio comodo e in parte gratuito come l’exSIT, per evitare così il traffico congestionato del centro (vedi percorsi alternativi su mappa). La sua posizione strategica e la fruibilità stessa del parcheggio, permettono di accogliere ogni anno numerosi visitatori e pullman di comitive turistiche. Il passaggio pedonale più vicino è proprio il sottopasso di Via Tommaso Gar. Peccato che sia inaccessibile in carrozzina, causa una doppia rampa di scale senza ausili.
Le alternative certo esistono, ovviamente facendo un po’ più di strada. C’è la possibilità di passare un centinaio di metri più a nord, sul Ponte di San Lorenzo, o a sud lungo il sottopasso di Via Verdi. Si sfida comunque qualsiasi persona normodotata a provare cosa vuol dire muoversi con una carrozzina a mano o elettrica lungo le pendenze trafficate di queste due direttrici. Pur essendoci il regolamentare marciapiede, sono pensate più per le automobili che per i pedoni.
Il sottopasso in esame potrebbe certamente rappresentare “la porta”, in chiave moderna, attraverso cui la persona, indistintamente dalla sua condizione fisica, entra nella città e dove può maturare una prima impressione di ciò che l’aspetta. Oggi, non troverà ad attenderla una cinta muraria, che ormai ha lasciato spazio ad edifici più recenti, ma noterà tutta una serie di elementi che gli indicheranno che quel passaggio non è per tutti.
Qui le persone con disabilità motoria, ma anche mamme col passeggino e molti anziani, non passano. Non solo per la difficoltà fisica nell’affrontare una doppia rampa di scale, ma anche per tutta una serie di motivi di disagio sociale legati all’architettura del quartiere e al suo carattere secondario. Quella della “sicurezza in aree popolate” è una tematica che entra in gioco e risulta più viva che mai a Trento: riguarda la percezione urbana di aree secondarie o comunque ritenute tali. Vi sono precisi studi al riguardo, che relazionano lo spazio urbano al degrado sociale e alla presenza di microcriminalità. Non essendo quest’articolo, il luogo opportuno per analizzare questo aspetto, si rinvia al reportage sulla Conferenza di eCrime che segue nelle prossime pagine.
Riflettere sull’accessibilità dei luoghi, implica certo un dibattito sulle soluzioni architettoniche e quindi sull’abbattimento delle barriere fisiche e culturali. Le implicazioni sono di carattere sociale a trecentosessanta gradi. Un luogo più comodo, accessibile e vivibile per tutti, abbassa sicuramente la soglia del disagio percepito.
Avvicinandosi a questa struttura, appare subito evidente il suo carattere architettonicamente non accessibile, soprattutto con riguardo delle persone con disabilità motoria, che necessitano di ausili meccanici. Man non solo. Il discorso, infatti, poco cambia se guardiamo alle difficoltà di accesso che possono riscontrare madri con il passeggino, infortunati temporanei o anziani.
L’ingresso, lato Adige, è costituito da un’arcata tubolare protettiva in plexiglas che scende inclinata lungo una doppia rampa di scale. Si accede così al tunnel sotto i binari della ferrovia. Lungo una quindicina di metri, termina con un’altra rampa di scale, che riemerge fianco la Facoltà di Lettere e poco distanti dalle facoltà di Giurisprudenza, Economia e Sociologia. Non a caso il sottopasso è percorso ogni giorno anche da molti studenti, docenti, personale pubblico e commercianti. Nonostante sia uno spazio curato dalla pubblica amministrazione, appena si scendono i primi gradini, pare di entrare in un luogo “sospeso”, dove il meglio e il peggio della società possono esprimersi. Poco illuminato di notte, anche se di recente hanno installato nuove luci. Non ci sono telecamere di sorveglianza. Poster dal sapore revisionista-fascista e di lotta anarchica, slogan politici, tags, stencils, nonché cartelloni da circo, ricoprono ogni centimetro quadrato a disposizione sulle pareti. A volte, gli odori pungenti e il frastuono provocato da un treno in transito, incoraggiano un passo svelto verso l’uscita. Un’altra rampa di scale, qui attende. Si riemerge in via Tommaso Gar, vicino alla Facoltà di lettere e ad un centinaio di metri dalla chiesa del Concilio, in pieno centro. Si può proseguire, quindi, attraverso Porta Santa Margherita, che è ormai solo custode delle cinte murarie dell’urbe: ora come allora essa è testimone di una tendenza all’inaccessibilità fisica e mentale degli spazi.
C’è di buono che il passante, che ogni giorno transita per il sottopasso, col buono o cattivo tempo, è accompagnato dal suono balcanico di una fisarmonica. Il suo esecutore è un simpatico e bonario signore dell’Est, che suona nello spazio “riservato” dal Comune di Trento ai musicisti di strada. Certo potrebbe rappresentare un buon punto di partenza, un connubio tra arte di strada e architettura urbana, ed è sicuramente una bella iniziativa. Ma si può in tutta onestà essere portati a credere che anche in questo caso la scelta del luogo ricalchi perfettamente la tendenza, di cui prima, a considerarlo solo un passaggio secondario.
Ecco, riflettere su questi spazi ci dovrebbe portare a non considerarli più in termini di “riservati a”, “dedicati a”, “accessibili per”, ma come luoghi per tutti, senza distinzione sociale o fisica. Il sottopasso dovrebbe avere la precisa funzione di facilitare il passaggio a chiunque, solo su questa base di rispetto si costruisce l’incontro, lo scambio di sguardi e di intenti, che invogliano visitatori, studenti e lavoratori ad entrare in una città che sappiamo essere accogliente e sensibile.