Tamburi di guerra

Autori:Redazione

Data: 01/02/03

Rivista: febbraio 2003

In questi giorni (fine gennaio), notizia d’apertura di ogni tele giornale o titolone in prima pagina di tutta la carta stampata è la ormai quasi certa guerra tra USA ed Iraq. Aeroplani supertecnologici, portaerei grandi come petroliere, carri armati che sfrecciano per il deserto più veloci delle auto della Parigi – Dakar da una parte e migliaia di persone armati di ferrivecchi dall’altra testimoniano di quanto sia alta la tensione nella zona nel Golfo Persico.
Gli americani parlano di liberare il mondo dall’incubo delle armi di sterminio di massa in mano a quello che loro considerano il demonio di questo inizio millennio, gli Iracheni ribattono che USA sono unicamente interessati al loro di petrolio e al dominio sull’intera regione. Insomma il primo parla di capre e il secondo di cavoli. Ben diceva Arthur Ponsonby: Quando si dichiara una guerra la prima vittima è la verità.
Probabilmente la verità sta nel mezzo, abbiamo cioè da un lato un dittatore un po’ fuori di testa che se ne frega delle convenzioni internazionali e dei diritti umani e dall’altra l’unica superpotenza militare rimasta sulla terra che non tollera in giro per il mondo duci e ducetti recalcitranti ai loro ordini e per di più contrari alla loro visione economica del mondo.
Pro.di.Gio come sempre non intende dare la patente di buoni o cattivi né agli uni né gli altri. Ricorda soltanto che la guerra, oltre alla morte, porta con se migliaia di feriti, mutilati e orfani cui la vita sorriderà per sempre di meno e che i cosiddetti “effetti collaterali”, residuati bellici, mine dimenticate pronte a far saltare in aria qualcuno quando non servirà più (vedi i tre turisti milanesi dilaniati in Niger da una mina dimenticata su una strada anni e anni fa), distruzione di strutture civili, fame, malattie, mancato progresso ecc.. faranno sentire la loro minacciosa e depauperante presenza per decenni.
Né è da infischiarsene degli odi degli sconfitti (immancabilmente gli iracheni), odi che genereranno nuovi fanatismi destinati a smorzarsi soltanto nel lungo periodo.
Come detto, la questione è complessa e, osservata da diversi punti di vista, presenta prospettive diverse di lettura e di interpretazione. L’unica soluzione percorribile ci sembra quella del buon senso e della volontà di risparmiare la vita e l’umiliazione degli altri!!
Diamo il nostro piccolo contributo alla ricerca di questo grano di buon senso pubblicando una lettera inviataci per la sua divulgazione da fratel Marco di Torino. E diretta al presidente degli Stati Uniti, l’uomo che ha il dito sul grilletto e che può decidere della pace e della guerra. Non è stata scritta da un fanatico pacifista europeo, da un ammiratore di Saddam o da un buddista bensì da un vescovo americano, da uno cioè che, pur stando dalla parte “giusta” della barricata ha il coraggio di scrivere al suo presidente per ammonirlo e per aprire gli occhi agli americani.

Lettera del vescovo della Florida al presidente Bush

Signor Presidente,


Noi americani siamo bersaglio del terrorismo perché sosteniamo tutte le dittature. Racconti la verità al popolo, signor Presidente, sul terrorismo. Se le illusioni riguardo al terrorismo non saranno disfatte, la minaccia continuerà fino a distruggerci completamente. La verità è che nessuna delle nostre migliaia di armi nucleari può proteggerci da queste minacce. Nessun sistema di Guerre Stellari (non importa quanto siano tecnologicamente avanzate né quanti miliardi di dollari vengano buttati via con esse) potrà proteggerci da un’arma nucleare portata qui su una barca, un aereo, una valigia o un’auto affittata. Nessuna arma del nostro vasto arsenale, nemmeno un centesimo dei 270 miliardi di dollari spesi ogni anno nel cosiddetto “sistema di difesa” può evitare una bomba terrorista. Questo è un fatto militare.


Signor Presidente, lei non ha raccontato al popolo americano la verità sul perché siamo bersaglio del terrorismo quando ha spiegato perché avremmo bombardato l’Afganistan e il Sudan. Lei ha detto che siamo bersaglio del terrorismo perché difendiamo la democrazia, la libertà e i diritti umani nel mondo. Che assurdità, Signor Presidente!


Noi siamo bersaglio dei terroristi perché, nella maggior parte del mondo, il nostro governo difende la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento umano. Siamo bersaglio dei terroristi perché siamo odiati. E siamo odiati perché il nostro governo ha fatto cose odiose. In quanti paesi agenti del nostro governo hanno deposto dirigenti eletti dal popolo, sostituendoli con militari-dittatori, marionette desiderose di vendere il loro popolo a corporazioni americane multinazionali?


Abbiamo fatto questo in Iran quando i marines e la Cia deposero Mussadegh perché aveva intenzione di nazionalizzare il petrolio. Lo sostituimmo con lo scià Reza Pahlevi e armammo, allenammo e pagammo la sua odiata guardia nazionale Savak, che schiavizzò e brutalizzò il popolo iraniano per proteggere l’interesse finanziario delle nostre compagnie di petrolio.


Dopo questo sarà difficile immaginare che in Iran ci siano persone che ci odiano?


Abbiamo fatto questo in Cile. Abbiamo fatto questo in Vietnam. Più recentemente, abbiamo tentato di farlo in Iraq. E, è chiaro, quante volte abbiamo fatto questo in Nicaragua e nelle altre Repubbliche dell’America Latina? Una volta dopo l’altra, abbiamo destituito dirigenti popolari che volevano che le ricchezze della loro terra fossero divise tra il popolo che le ha prodotte. Noi li abbiamo sostituiti con tiranni assassini che avrebbero venduto il proprio popolo per ingrassare i loro conti correnti privati attraverso il pagamento di abbondanti tangenti affinché la ricchezza della loro terra potesse essere presa da imprese come la Sugar, United Fruits Company, Folgers e via dicendo.


Di Paese in Paese, il nostro governo ha ostruito la democrazia, soffocato la libertà e calpestato i diritti umani. È per questo che siamo odiati in tutto il mondo. Ed è per questo che siamo bersaglio dei terroristi.


Il popolo canadese gode di democrazia, di libertà e di diritti umani, così come quello della Norvegia e Svezia. Lei ha sentito mai dire che un’ambasciata canadese, svedese o norvegese siano state bombardate? Noi non siamo odiati perché pratichiamo la democrazia, la libertà e i diritti umani. Noi siamo odiati perché il nostro governo nega queste cose ai popoli dei paesi del terzo mondo, le cui risorse fanno gola alle nostre corporazioni multinazionali. Quest’odio che abbiamo seminato si ritorce contro di noi per spaventarci sotto forma di terrorismo e, in futuro, terrorismo nucleare. Una volta detta la verità sul perché dell’esistenza della minaccia e della sua comprensione, la soluzione diventa ovvia.


Noi dobbiamo cambiare le nostre pratiche. Liberarci delle nostre armi (unilateralmente, se necessario) migliorerà la nostra sicurezza. Cambiare in modo drastico la nostra politica estera la renderà sicura.


Invece di mandare i nostri figli e figlie in giro per il mondo per uccidere arabi in modo che possiamo avere il petrolio che esiste sotto la loro sabbia, dovremmo mandarli a ricostruire le loro infrastrutture, fornire acqua pulita e alimentare bambini affamati. Invece di continuare a uccidere migliaia di bambini iracheni tutti i giorni con le nostre sanzioni economiche, dovremmo aiutare gli iracheni a ricostruire le loro centrali elettriche, le stazioni di trattamento delle acque, i loro ospedali e tutte le altre cose che abbiamo distrutto e abbiamo impedito di ricostruire con le sanzioni economiche. Invece di allenare terroristi e squadroni della morte, dovremmo chiudere la nostra Scuola delle Americhe. Invece di sostenere la ribellione e la destabilizzazione, l’assassinio e il terrore in giro per il mondo, dovremmo abolire la Cia e dare il denaro speso da essa ad agenzie di assistenza. Riassumendo, dovremmo essere buoni invece che cattivi.


Chi tenterebbe di trattenerci? Che ci odierebbe? Chi vorrebbe bombardarci?


Questa è la verità, signor Presidente. È questo che il popolo americano ha bisogno di ascoltare.

monsignor Bowman,
vescovo della Florida (USA).
Domenica, 29 dicembre 2002.

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