Se fosse sempre breakfast il mondo sarebbe perfetto: niente impegni, niente stress, niente pensieri. Niente. Puoi tranquillamente indirizzare tutte le tue energie a decidere cosa mangiare e quanto mangiare. Basta. Riempi il cervello con il cibo, mangi, il tuo corpo si rilassa e per quei minuti, quei bellissimi minuti, tutto va bene. Ma come si suole dire, il tempo è tiranno e arriva il momento in cui devi iniziare la tua giornata: “Non un granché”, penserai; controlli i tuoi impegni diligentemente appuntati su un’agenda, su un post-it o anche solamente ricordati a memoria e poi vai. Corri, saluti le persone, parli e, se sei abbastanza fortunato, trovi del tempo da dedicare a te stesso. Perfetto, benissimo.
Non ti sembrerà tanto, non ti sembrerà straordinario. È normale, in fondo. Ma prova a riavvolgere il nastro: fai colazione, ti vesti, esci di casa e, non so, vai all’università o vai a lavoro; è pausa pranzo ed esci fuori: incontri alcuni amici e conoscenti e in mezzo a loro c’è chi scherza, ride e c’è chi sta zitto, chi magari nasconde un po’ di timidezza dietro un sorriso o chi dietro un sorriso nasconde ben altro. Magari nasconde la voglia di non stare lì con il resto del mondo, magari nasconde un’ondata di ansie e di paure, magari nasconde un disperato bisogno di aiuto, che per orgoglio o per vergogna, non sa e non può chiedere. E poi per caso, sbadatamente o no, ti porge la mano, forse per una sigaretta o una gomma da masticare, e noti che sul polso ci sono dei graffi, dei tagli. L’immagine seguente è quella di una felice famiglia allo zoo che, fermatasi davanti alla gabbia dei coccodrilli, legge: “Tenersi a debita distanza di sicurezza”. Si, perché fin da piccolo ti “insegnano” a fare sport non pericolosi, a non bere troppo, a non fare il bagno dopo mangiato, a condurre una vita perfettamente normale, in salute e benessere, tendendoti a stretta distanza da tutto ciò che è sbagliato e immorale. Perché ciò che non è socialmente accettabile è immorale, ciò che non è conosciuto è strano, ciò che è diverso fa paura. Ma tralasciando il fatto che non puoi essere veramente certo di stabilire dove si trova il confine della normalità, preferisci evitare o giudicare questa persona. Non ti insegnano che la sofferenza esiste, non ti insegnano che tutti proviamo dolore, non ti insegnano a gestire le tue emozioni. Perché nessuno vorrebbe soffrire e capire. Gestire le tue emozioni è difficile, richiede tempo e fatica.
È una sofferenza anche solo provare a comprendere la tua sofferenza.
Allora immagina di essere quella persona che giudichi: immagina di svegliarti la mattina con l’umore sotto i piedi; immagina di sentirti obbligato a muovere anche solo un passo quando l’unica cosa che vuoi è non esistere per il mondo esterno; immagina di guardarti allo specchio e vedere il riflesso di un corpo che un tempo, forse lontano, forse mai esistito, era pieno della tua stessa gioia di vivere; immagina di dover cercare tra i vestiti quelli che riescono a coprire tutti quei graffi e quei tagli; immagina, infine, di sopportare tutti quei pensieri che ti portano a vederti come uno schifo, uno sfigato, un vuoto, un disperato, a vederti come la spazzatura del mondo. E in tutto questo aggiungi anche di dover sopportare i commenti e i giudizi di chi, come te, la ritiene una persona problematica, una persona da evitare. Pensi ancora davvero che fare tutte quelle belle cose che fai giornalmente siano ancora così semplici?
I motivi e le cause che spingono chi soffre a mostrarlo in questo modo sono vari, sono tanti, sono assurdi, sono umani. Chi soffre è umano tanto quanto te, chi piange è umano tanto quanto te, chi si taglia è umano tanto quanto te.
Hai mai pensato a tutte quelle frasi fatte tipo: “chi troppo vuole nulla stringe”, “chi si accontenta gode così così”, “l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re”? Sono tutte frasi fatte da chi, prima di te, ha vissuto, ha fatto esperienze più o meno gioiose. Sono persone che hanno sperimentato sulla propria pelle che, nella vita, è giusto inseguire i propri sogni e cercare di ottenerli, ma senza strafare, senza esagerare perché la mancanza di ciò che non si ha crea dolore; sono persone che hanno capito che desiderare troppo una cosa senza far nulla per ottenerla, crea ansia e paura. Ogni ansia e ogni paura sono l’anticamera della depressione: sono quelle che ti bloccano e ti fanno soffrire. E questi sono sentimenti ai quali tutti, anche tu, siamo esposti: un giorno potresti anche svegliarti, non avere voglia di alzarti, non avere voglia di esistere perché la tua vita in quel momento ti procura sofferenza. La sola differenza risiede nelle decisioni che ognuno di noi sceglie per non sentire più quel dolore. Quindi, non giudicare, ti prego, ma ascolta, prova a parlare e a capire. Perché non c’è niente di più salvifico del dialogo: le parole, certo, molto spesso feriscono, ma talvolta riescono anche a salvare, a dare la speranza e a non far più soffrire.