Nel ventunesimo secolo la contaminazione tra tecnologia e medicina è ormai consolidata, ma potranno le app sostituirsi ad alcuni farmaci? I creatori e promotori delle terapie digitali ne sono assolutamente convinti, vedono delinearsi quella che chiamano “terza fase della medicina”, in cui sarà naturale utilizzare soluzioni tecnologiche clinicamente validate per integrare o sostituire alcune terapie tradizionali.
Definire con precisione cosa siano le terapie digitali, per favorirne la comprensione, l’adozione e l’integrazione nel mondo sanitario, è uno degli scopi principali della Digital Therapeutics Alliance, una società internazionale formata dalle principali realtà del settore.
Nella maggior parte dei casi queste terapie si rivolgono a pazienti affetti da patologie croniche o da disturbi neurologici per cui il sistema sanitario tradizionale offre ancora poche soluzioni, magari molto costose. Nonostante gli evidenti vantaggi di queste innovazioni, esse trovano in particolare due ostacoli sul loro percorso di affermazione: la loro differenziazione sul mercato della digital health e la distribuzione poco efficiente degli incentivi.
Per affrontare il primo problema è importante capire che non tutte le health app, moltiplicatesi negli ultimi anni, hanno valore terapeutico. Le vere terapie digitali devono fondarsi su evidenze cliniche e studi approfonditi, e rispettare standard di sicurezza, efficacia e valore. Il ruolo delle autorità di regolamentazione è dunque fondamentale per dare certezze ai consumatori. Visto il rapido sviluppo del settore l’FDA, ovvero l’ente governativo statunitense che si occupa di controllo e approvazione di prodotti alimentari e farmaceutici, sta pensando di creare un’unità specifica per la sanità digitale.
Per superare il secondo ostacolo invece è necessario un cambiamento di mentalità da parte di tutti gli operatori della filiera della salute. Ad esempio, i medici dovrebbero iniziare ad accettare e sfruttare la grande quantità di dati riguardanti i pazienti che i software di terapie digitali sono in grado di raccogliere, grazie al monitoraggio costante di sintomi e valori. Cruciale per i pazienti è che l’uso di queste app diventi rimborsabile, il che dovrebbe essere possibile dato che rientrano in quella categoria di strumenti che contribuiscono al controllo delle patologie e ad una migliore gestione delle condizioni di salute.
Pioniera di queste terapie è la società americana Akili Interactive, che si sta impegnando a creare una nuova categoria di medicine digitali, non solo efficaci ma anche avvincenti e divertenti. I loro prodotti di punta, al momento in attesa della validazione da parte dell’FDA, sono due videogiochi pensati appositamente per la cura dell’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) e per aiutare i bambini autistici a sviluppare, o rinforzare, alcune abilità. La società collabora con neuroscienziati di livello internazionale e svolge studi clinici estesi e rigorosi per garantire che i loro prodotti siano sicuri ed efficaci.
AKL-T01 è destinato ai bambini con deficit d’attenzione, riesce a coinvolgere i pazienti in un’esperienza immersiva personalizzata che coinvolge abilità sensoriali e motorie. Uno studio pilota, il primo di questo genere, è da poco stato concluso con ottimi risultati: la stimolazione della corteccia prefrontale aiuta a sviluppare le capacità cognitive e allo stesso tempo i bambini non solo non si distraggono, ma si divertono! Sugli stessi principi si basa AKL-T02, pensato per i bambini affetti da autismo. Sviluppato con la collaborazione di esperti e della stessa comunità ASD, si concentra sul rinforzare attenzione e concentrazione, con conseguente miglioramento anche delle capacità esecutive.