I viaggi, si sa, hanno un inizio e una fine.
E così, nonostante per i ragazzi del collettivo Checkmate sia ancora difficile rielaborare ciò che hanno visto, ci ritroviamo 45 giorni dopo la loro esperienza lungo la rotta bosniaco-croata per fare il punto della situazione.
I giovani, attraverso foto, video e testimonianze, hanno veicolato un messaggio disarmante: a volte la fortuna è solo una questione geografica.
Francesco De Maria, membro del collettivo, racconta:
“È stata la prima esperienza in frontiera, per questo non mi ero dato aspettative. Ho visto così tanta umanità. Ricordo un giorno in cui un ragazzo doveva partire per il game* . Mi ha colpito il calore con cui i suoi amici lo hanno salutato, speranzosi che fosse per l’ultima volta.”
*Tentativo dei migranti di attraversare illegalmente la frontiera
Il suo compagno di viaggio, Luca Renda, aggiunge:
“Come collettivo ci siamo posti davanti alle tragedie umane.
Non poter costruire il proprio futuro e non riuscire a far vivere adeguatamente i tuoi figli è tragico. Molti sono costretti a farsi mandare soldi dalle loro famiglie per spenderli in una quotidianità falsa e di degrado. Abbiamo pensato come inserire le nostre testimonianze nel tessuto sociale. Il primo pensiero si rivolge alle nuove generazioni, quindi a percorsi di sensibilizzazione nelle scuole. C’è bisogno di lottare e noi lo faremo tramite i canali che conosciamo meglio: la scrittura, i video e le testimonianze.
Abbiamo poi avuto un incontro con Terrediartijane, un’associazione bellunese che si è interessata al nostro progetto. C’è inoltre la possibilità di aprirsi ad altri collettivi e di portare il progetto culturale direttamente nelle frontiere. Bisogna risollevare gli umori delle persone, proponendo la cultura, l’arte, il teatro e la musica perché a volte le ONG soddisfano i bisogni primari, tralasciando la parte psicologica. Mi ha colpito un episodio in particolare: un giorno sono arrivato in un grande squat* pieno di persone che vivevano in una precarietà incredibile. Migliaia di immigrati passano le loro giornate accampati nella fatiscenza. Ricordo una madre sconvolta perché i suoi cinque figli avevano provato a fare il game ma senza riuscirci. La polizia ha diviso due di questi dal nucleo familiare. “
* Occupazione senza il consenso del legittimo proprietario di un luogo (casa, fabbrica, terreno, ecc.) generalmente non abitato
Paolo Fuoli, il terzo membro della spedizione, dice:
“Da quando siamo tornati sto cercando di sfuggire da quella frontiera in cui la solidarietà è criminalizzata. Vogliamo portare tutte le persone cha abbiamo intervistato nelle case degli europei, offrendo la possibilità di fermarsi a riflettere. Abbiamo provato spesso la sensazione di essere sbagliati perché siamo nella parte fortunata del mondo. Mi ha colpito il bambino che diceva “the game” ricordandosi che quello è parte dei giochi che ha a disposizione nella sua vita.
Le immedesimazioni, infatti, ti segnano molto. Io sono te, semplicemente in un posto più comodo. Per pura casualità il disegno di vita che mi è stato assegnato è diverso da quello del bambino.”