Tolleranza zero o legalizzazione?

Data: 01/06/07

Rivista: giugno 2007

Il dibattito sull’uso di droghe cosiddette leggere, si spazia dalla tolleranza zero alla loro legalizzazione, è un tema quasi quotidiano delle nostre cronache anche di fronte ad eventi recenti davvero gravi. Ricorderete, in proposito, il bambino piemontese morto nel cappottamento del bus guidato da un autista “fumato” oppure il quindicenne di Milano deceduto in classe dopo essersi fatto indisturbato uno spinello nei bagni della scuola.

Il ministro dell’Interno Giuliano Amato, uno cui spetta prendere decisioni in materia, lo scorso febbraio ha denunciato l’inutilità di certe politiche repressive. Contemporaneamente l’Inghilterra ha deciso di rivedere la propria politica lassista nei confronti di consumatori e spacciatori di “paradisi artificiali”. Pare infatti che, stando a studi recentissimi di scienziati di quel paese, che anche una minima dose del principio attivo della cannabis, sia sufficiente a danneggiare gravemente ed irreversibilmente il cervello. Due scuole di pensiero davvero inconciliabili tant’è vero che ognuna pretende di essere nel vero. Prodigio non ha idee da proporre, si limita a pubblicare i dibattiti in modo che i suoi lettori possono farsene una propria opinione. Questa volta diamo spazio a Pietro Boretti, esperto dell’Aduc in questo campo.


Il ministro Amato denuncia il fallimento dell’attuale politica sulle droghe: legalizzare e controllare il mercato l’unica via d’uscita.

Firenze, 2 Febbraio 2007. Il ministro dell’Interno Giuliano Amato, nel denunciare il consumo “gigantesco” di cocaina in Italia, ha già attirato numerosi appelli ad una politica di maggiore contrasto e repressione. Eppure, quello che il ministro denuncia è innanzitutto il fallimento dell’attuale politica sulle droghe. A fronte di due milioni di italiani che hanno fatto uso di cocaina almeno una volta nella loro vita, davvero l’unica risposta mantenere la rotta (“staying the course”), per usare una espressione cara al presidente americano George Bush? Davvero la soluzione è quella di incarcerare o rinchiudere in una comunità di recupero due milioni di cittadini?

Noi riteniamo che la strada da seguire sia tutt’altra, ovvero riconoscere che le droghe (dall’alcool alla cocaina) fanno parte da sempre della storia e della natura umana. Proibirne l’uso equivale a vietare l’adulterio o l’ingordigia, comportamenti individuali che non ledono la libertà altrui, e quindi non sanzionabili in una democrazia liberale.

È invece urgente limitare il danno delle droghe, prima di tutto non punendone il consumo, legalizzandone (e quindi controllando) la vendita, ed informando sui suoi reali effetti.

Oggi invece, a causa di una politica che vuole imporre alla società modelli “virtuosi” irrealizzabili e che appartengono alla vecchia concezione etica dello Stato, si preferisce lasciare alla malavita il monopolio della vendita di sostanze stupefacenti. Così la droga dilaga in ogni angolo delle nostre città ed in ogni scuola, senza alcun controllo medico e senza alcuna certezza sulla sua composizione chimica (spesso, sono più nocive le sostanze additive della droga stessa).

Non ci aspettiamo che la politica attuale cambi a breve, anche se ce lo auguriamo. Ma sarebbe illogico e non scusabile, nel cercare soluzioni più efficaci, non includere nel dibattito anche l’ipotesi che larga parte dei disastri della droga sono frutto dell’attuale politica.

Pietro Yates Moretti, Notiziario Droghe (droghe.aduc.it)

precedente

successivo