Trattamento sanitario obbligatorio

Data: 01/12/06

Rivista: dicembre 2006

Non è passato nemmeno un mese dalla vicenda che ha coinvolto Antonella, la donna il cui caso psichiatrico è stato trattato dal quotidiano locale “Il Trentino” negli articoli stesi da Rinaldo Cao.

Non è passato nemmeno un mese, eppure le voci che avevano preso a sollevarsi in quel periodo sembrano andare via via spegnendosi.

Non è giusto che questo accada: puoi pensare che la psichiatria vada rivista, oppure che vada mantenuta così com’è, o addirittura stravolta… Ma non puoi tacere di fronte a questo dibattito che il caso di Antonella ha aperto.

Il T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio) c’era prima di Antonella e continuerà inevitabilmente ad esistere anche adesso, adesso che da dentro il reparto si è alzata una protesta; il ruolo fondamentale di questo giornale è quello di dare voce a chi in genere voce non ha.

Ecco perché tratteremo questo tema delicatissimo cercando di stare il più attenti possibile a quelle che sono le “due facce della medaglia”: perché viene emesso un T.S.O.? È sempre cosa “buona e giusta”? Come viene eseguito? Si può cambiare dopo un trattamento del genere? Come sono i Servizi Sociali a Trento? Queste sono a grandi linee le domande che abbiamo posto non solo a medici, psichiatri e specialisti della salute mentale, ma anche ai famigliari di persone sofferenti, e, infine, ad alcune persone che soffrono di disturbi mentali.

Tutto questo per favorire una visione “a 360°”, senza avere la presunzione di aver capito come si può migliorare la psichiatria dei nostri giorni, ma cercando di approfondire il più possibile questo tema, toccando delicatamente tutti i nodi fondamentali (o quelli che noi pensiamo essere tali) senza ferire nessuna delle parti coinvolte.

Non siamo medici, solo persone comuni che vogliono dare spazio a più voci possibili e, quindi, colorare questo argomento delle più svariate sfumature.

Intervista al Dottor Roberto Cuni

Abbiamo intervistato il Dottor Roberto Cuni, promotore dei gruppi di auto-mutuo-aiuto, anche all’interno dei reparti psichiatrici e in sostegno alle famiglie delle persone con problemi.Abbiamo chiesto di incontrarlo per conoscere il suo pensiero in materia di T.S.O., la sua concezione di “normalità”, il suo modo di vedere le strutture psichiatriche.

Qual è il suo pensiero sul Trattamento Sanitario Obbligatorio?

Esprimo forte preoccupazione sul T.S.O., perché si va a limitare la libertà della persona. Ma purtroppo a volte si rende necessario.

Che ruolo hanno le famiglie?

Un ruolo importantissimo, perché un terapeuta non può sostituire quello che è l’affetto di un famigliare. A Trento il sostegno dato alle famiglie, anche attraverso percorsi di auto-mutuo-aiuto, è buono.

Che cosa preferisce fra i sostantivi “paziente”, “cliente”, “utente”?

Io veramente preferirei una quarta opzione, “persona con problemi”, “paziente” richiama al verbo “pazientare”… Ci sono persone pagate per questo.

Esiste sempre una speranza?

Certo. Altrimenti non ci sarebbe ragione di intervenire.

Che cosa è la normalità?

Copio una frase non mia”normale è chi può amare ed essere amato”. È chiaro che tutti possono amare ed essere amati, ma è possibile anche il contrario.

Perché alcune persone si sentono “a metà”?

Le cause possono essere molte; a volte si tratta di personale poco motivato… Chi fa questo lavoro ci deve mettere umanità, non si fa perché non si ha trovato altro, una persona che soffre di disagio psichico non ha colpe.

Come è il “rapporto di rete” a Trento?

È buono, anche se difficoltoso, perché per una struttura mettersi in relazione con un’altra significa essere umile ed accettare di avere qualcosa da imparare.

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