Ultime da un viaggio in aereo

Data: 01/12/05

Rivista: dicembre 2005

Chi ha problemi di deambulazione, in previsione di un viaggio in aereo, si sarà fatto assalire da mille dubbi: come farò a salire in aereo? Come bloccheranno la carrozzina? Avrò abbastanza spazio? Se il viaggio sarà troppo lungo, potrò sdraiarmi? I servizi igienici saranno accessibili?

Così è stato per me l’autunno scorso quando, dopo anni di inviti da parte di cugini a far loro visita in America, una serie di combinazioni giuste (1,22 Dollari per 1 Euro!) rendono possibile il viaggio.

Essendo il mio primo volo, le preoccupazioni accennate sopra mi ronzano per la testa con settimane di anticipo. Cerco così di identificare i possibili contrattempi chiedendo ad altri con le mie stesse difficoltà di parlarmi delle loro esperienze. Non ne ricavo nulla: pare che ogni compagnia aerea abbia le sue inderogabili regole e che perfino ogni volo faccia storia a sé! L’agenzia viaggi si limita a consigliare a me ed al mio accompagnatore di essere all’aeroporto di Verona con almeno 2 ore di anticipo per via dei controlli antiterrorismo. In effetti, prima di decollare, c’è una lunga trafila: una prima impiegata della compagnia aerea compila e ci fa firmare una serie di carte e ci “gira” poi ad una collega per scartoffie extra. Altri 10 minuti di attesa e ci invia con gli altri passeggeri, al posto di polizia.

Qui, per tutti, perquisizione corporale accuratissima e passaggio obbligatorio attraverso un metal detector. Poiché la carrozzina con tutta la sua ferraglia farebbe suonare a stormo anche le campane del Duomo di Verona, vengo deviato per un altro ufficio: due agenti impassibili mi frugano sotto la giacca, mi piegano in avanti per passarmi le mani sulla schiena, poi le gambe e infine frugano nelle tasche dello schienale. Tutto OK: si accomodi nella sala partenze! Una mezz’oretta ed ecco presentarsi due robusti ragazzi: mi comunicano che, per mia comodità, prenderò posto sull’aereo prima degli altri. Detto fatto, con uno strano mezzo mi trasportano fin sotto l’aereo, mi trasbordano su una carrozzina strettissima e poi, con una specie di ascensore, mi sollevano fino all’altezza del portellone posteriore. Qui capisco il perché del cambio di carrozzina: il corridoio tra le due file di poltroncine consente a malapena il passaggio ad una persona. Altro trasloco di peso e mi trovo seduto sulla poltroncina interna verso l’oblò. Avrò almeno la soddisfazione di godermi lo spettacolo dall’alto.

Decollo, volo e atterraggio a Francoforte senza alcun contrattempo! All’apertura del portellone, ecco due commessi pronti a farmi fare il percorso inverso di Verona: dalla poltroncina alla loro carrozzina e poi, appena fuori dell’aereo, di nuovo sulla mia.

Dopo quattro ore di attesa, ecco la coincidenza per Los Angeles. Nuovi controlli molto meticolosi perché l’aereo è diretto negli Stati Uniti. Per primo perquisiscono me, poi tocca alla carrozzina: dopo avermi spostato su una sedia qualsiasi, la fanno passare dentro un tubo ai raggi X. Chissà cosa potrei nascondere dentro i tubi! Dopo di me tocca ad una signora mediorientale, anch’essa in carrozzina, totalmente nascosta dentro una mantella. Niente sconti nemmeno a lei: prima viene fatta accomodare su una sedia per passare la carrozzina ai raggi X, poi viene perquisita dagli alluci in su. Di fianco a lei ma nella fila parallela, una lunghissima ragazza dell’est, in short e con l’ombelico ampiamente in vista, fa di tutto per irritarla e, a giudicare dalle fiammate di rabbia che escono dagli occhi della signora, ci riesce benissimo!

Finalmente metto piede sul 747. A dar credito alle voci sentite a Trento, avrei viaggiato comodamente seduto nei primi posti, praticamente una fila di poltroncine riservate per me! Niente di più falso: vengo infilato al posto 46 della fila centrale, ben lontano dall’oblò e con lo schienale della poltroncina davanti a 40 centimetri dal naso! Praticamente impossibile qualsiasi movimento eccetto sbattere le palpebre! Ad uno stuard di origine siciliana chiediamo, in modo molto italiano, due posti in prossimità delle uscite di emergenza: lì c’è molto più spazio! Ci risponde spalancando le braccia: Non è possibile perché, in caso di necessità, lei (io!) sarebbe di intralcio sia ai passeggeri in fuga sia ai soccorritori! Molto tranquillizzante! In compenso, chiede al passeggero della poltroncina davanti di sedersi altrove in modo da poter reclinare il suo schienale il più avanti possibile e lasciarmi spazio.

Si premura poi di sapere se ho problemi particolari. Chiedo: potrò andare in bagno in caso di necessità? Risposta: Impossibile, le porte sono strettissime! I brividi all’idea di un bisogno inderogabile me li tengo ben stretti!

Undici ore di volo e il fuso orario rischiano di sballare il cervello sicché l’arrivo a Los Angeles ha un effetto liberatorio per tutti! Arriva per prendermi un filippino piccolo, piccolo, dalla faccia mesta e oltre la cinquantina che non riuscirebbe a tirarmi fuori dall’aereo neanche per Natale! Tira di qui, tira di là, mi gira, spinge, prova a trascinarmi ma niente da fare! Una situazione fantozziana cui rimedia con un cenno il capitano dell’aereo: due stuard sostituiscono il filippino. In un attimo eccomi sulla carrozzina di servizio e poco dopo, appena uscito dall’aereo, ecco bell’e pronta la mia! Qui a Los Angeles nuova e micidiale perquisizione: vengo praticamente setacciato tre volte. Poi mi passano addosso, dalla punta dei piedi ai capelli, un tampone assorbente che infilano in una macchina capace di annusare le più flebili tracce di esplosivo, droga o chissà che altro.. Per ultimo, come ad ogni nuovo entrato negli Stati Uniti, prelievo delle impronte digitali e fotografia che finirà negli archivi dell’FBI. A questo punto, ormai riconosciuto cittadino ammodo e di sani principi, mi si aprono le porte dell’America: dall’entrata all’aeroporto di Verona all’uscita di quello di Los Angeles sono trascorse 19 ore!

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