UN FIORE TRA L’ASFALTO

Sembra ieri, ma sono già passati poco più di cinque anni da quello che considero il giorno più bello della mia vita. Un giorno freddo di fine dicembre, con Natale alle porte. Freddo, come quello delle crisi d’astinenza, che ti fanno provare sulla tua pelle i sintomi della febbre, ma di gran lunga più intensi. Freddo come quello descritto dalla celebre canzone, “Nei giardini che nessuno sa” di Renato Zero.

E poi? Silenzi.

Perché l’indifferenza e la mancanza di attenzioni e di amore sono i complici dell’inizio di una dipendenza. Quelle sofferenze da addormentare in ogni modo possibile. Ma dopo la tempesta c’è una luce ritrovata, che è più bella di quella esistente in precedenza, come il “kintsugi”, una tecnica giapponese che consiste nel riparare gli oggetti danneggiati con l’oro.

Così me lo ricordo infatti il giorno più bello della mia vita: una ragazza al mio fianco con gli occhi luminosissimi e intenta a raccontarmi della sua recente uscita dalla tossicodipendenza. Un ricordo indelebile che non mi abbandonerà mai.

Lei, per esempio, era dipendente dalla cannabis, che viene considerata una droga leggera, ma che in realtà ti porta in una spirale che non dà tregua creando agitazione e assuefazione. Ci sono droghe – come la cocaina o anche la cannabis stessa – che possono lasciare danni a lungo termine, se non permanenti, al sistema nervoso e dipendenze meno conosciute come l’autolesionismo che porta a concentrarti sul dolore esterno per non farti sentire quello interno. Quindi ogni volta è il nascondere il proprio dolore interiore che innesca quell’incendio che è poi difficile spegnere, considerando che ci vogliono ben dieci anni per uscirne completamente; nasconderlo anche a costo di riempirsi di alcol, entrare nell’inferno dei disordini alimentari o di stare ore e ore davanti ad un videogioco.

Riconoscere quando una persona entra nel circolo delle dipendenze non sempre è facile. Ci sono poi dipendenze più difficili da individuare rispetto ad altre.

Nella maggior parte dei casi, è il cambiamento nel comportamento a farci pensare che qualcosa non va nel verso giusto. Massima attenzione, quindi, va prestata alle risposte che un amico, un figlio o in generale una persona a noi cara dà e che non eravamo abituati a sentire. L’agitazione e il nervosismo frequente devono farci scavare nel profondo di quella nuvola nera, per avere il coraggio, nel caso fosse necessario, di tendere la mano.

Concludendo, ci tengo a dire che il modo per uscire da queste situazioni è affidarsi a dei professionisti che sappiano aiutare in maniera concreta la persona che necessita un aiuto e bisogna quindi lavorare perché la persona accetti di farsi aiutare. Con dei professionisti, inoltre, si può lavorare anche sulla vita dei famigliari o in generale di chi ne fa le veci, in un percorso a doppio senso; perché come diceva Ezio Bosso: “La musica, come la vita, si può fare solo in un modo: insieme”.   

 
 

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