Succede che una sera esci con una tua amica di vecchia data e ridendo e scherzando ti ritrovi che hai ingurgitato le più svariate forme di alcolici. Se calcoli, poi, che la tua amica è anche astemia, la situazione precipita vertiginosamente. Così, allora, questa tua amica, spaventata dal tuo ilare stato di ebbrezza, ti accompagna a casa preoccupata di saperti effettivamente a letto, protetto dalle tue coperte. Lei non lo sa, ma tu stai bene, gli stati di eccesso non ti danno fastidio, e il tuo occhio vispo e divertito a stento trattiene la tua voglia di giocare ancora un po’. Ma Daniela questo non lo capisce, l’ultima volta che ha bevuto qualcosa è stata un anno fa ed era un caffè macchiato in cui per sbaglio era finita una goccia di Sambuca, e allora insiste perché si torni a casa. Tanto tu non avresti guidato comunque, la tua tetraparesi spastica te lo impedisce da sempre, così decidi di rientrare, anche se senza troppa convinzione, almeno con la scusa puoi approfittarne per farle vedere come hai fatto risistemare la tua stanza da letto dopo la nuova mano di vernice alle pareti. Durante il viaggio che dal pub porta a casa tua pensi che i tempi cambiano davvero. Una volta per portare una ragazza a casa bisognava mostrarle la propria collezione di farfalle o i propri libri, ora bisogna ubriacarsi a morte. Forse però è meglio così, farfalle non ne hai, se si esclude la pasta, e sui libri i vostri gusti sono troppo distanti. Anche perché la tua libreria, tutto sommato, contiene più fumetti che libri. Topolino per la precisione. Meglio evitare, decisamente, ti ha sempre detto che è un fumetto fascista. Arrivate a casa, tu inizi a vedere tutto estremamente arrotondato, i contorni sfumano, i colori si separano come una vecchia pellicola risalente agli albori del Technicolor. Entrate nella tua stanza che sembra muoversi a ritmo dei Grateful Dead. Daniela, imbarazzata dal tuo sguardo spalancato e dalla tua risata incontenibile, affretta le operazioni di vestizione per poterti mettere a letto. Tu intanto quella collezione di farfalle la vedi davvero e ti vola attorno festante. Daniela suda ma ce la fa, sei a letto, sotto le tue coperte, giulivo come Giulia della canzone di Stefano Nosei e Dario Vergassola. Ridi pensando a quel pezzo. Daniela, esasperata, ti saluta, si gira e fa per andarsene, senza neanche dare un’occhiata alla nuova sistemazione che organizza la stanza.
Così si trova proprio di fronte allo sguardo un poster, o meglio, un pagina di giornale trasformata in poster. È il paginone centrale che presenta il nuovo Milan stagione 2005/2006 in corso. Occupa il centro dell’immagine una grande foto di Alberto Gilardino, ex centravanti del Parma, ultimo acquisto importante della tua squadra del cuore. Daniela di calcio non sa niente, non distingue, ahìlei, il Milan dall’Inter. Ti chiede, con voce candida di una bimba che voltandosi scopre per la prima volta un volto nuovo, “chi è?”. Sogghigni, non rispondi. Lei fa un po’ l’offesa, non capisce perché tu non glielo possa dire, infondo lo sai che non ama il calcio e non lo conosce. Ma non è questo il problema, o meglio, la gag che ti fa ridere. Il paginone in rosa che sta sulla tua parete ha al centro una scritta enorme: ALBERTO GILARDINO, a caratteri cubitali, in grassetto. Impossibile non leggerlo. Le dici che c’è scritto chi è. Lei si avvicina e dice: “Ah, si chiama Zafira!”. (Piccola parentesi: lo sponsor del Milan, scritto proprio sulla maglia a strisce rosse e nere, è l’Opel Zafira. Sulla maglia del centravanti, quindi, c’è questa scritta, tra l’altro piccola e semi-illegibile. Chiusa parentesi). Scoppi, non ce la fai più, ridi a crepapelle, cadendo dal letto. Lei non capisce, cos’avrà mai potuto dire di così esilarante? Tu intanto, rotolando per terra tarantolato e divertito, le fai notare che la scritta che doveva leggere è un’altra, ben più grande e leggibile. Anche un ipovedente avrebbe riscontrato meno difficoltà. Lei, scoperta la gaffe, ride con te. Si rende conto di essere stata frettolosa e superficiale, o almeno dice così. E non lo avesse mai detto. Le parole “frettolosa” e “superficiale”, sono un po’ eccessive, a tuo avviso, per definire un piccolo errore di distrazione dovuto all’eccessiva sicurezza. Ma sono anche parole che ti attivano il solito, immancabile link ipertestuale. Subito, senza volerlo, un caleidoscopio di pensieri sfreccia nel dedalo della tua testa, e ragioni sulle riflessione aperte da quei termini. Perché è stata superficiale? Perché si è soffermata all’apparenza di uno sponsor invece di scavare il nome vero che identifica il calciatore. Il nome è alla base dell’identità. Ragionando in termini di disabilità, ti rendi conto subito che l’atteggiamento di Daniela è quello con cui solitamente ti confronti nella tua quotidianità. Tu sei disabile, e così vieni riconosciuto.