Trento, 27 luglio 2004
Con preghiera di integrale pubblicazione
Mi preme rispondere a Silvano Bonvecchio in seguito al suo articolo “Un posto al sole” pubblicato sul numero 3 di Prodigio. Lo faccio per la stima che provo nei suoi confronti e perché mi sento in qualche modo chiamata in causa dalle domande poste da lui a tutti i rappresentanti di associazioni o Cooperative coinvolti in tavoli, incontri, ecc.
Dunque: neanche io ritengo giusto siano le sole associazioni storiche, riconosciute dallo Stato come rappresentanti, a collaborare con la Provincia nel definire le politiche per il mondo dell’handicap. Esistono infatti altre realtà, spesso di dimensioni più modeste, ma in grado di assumere un ruolo attivo e di porsi nei confronti dell’ente pubblico in modo efficace, anche se dalla loro parte non hanno Decreti Ministeriali che ne ratificano l’attività. Ma non basta dire solo questo: se non altro perché sarebbe una mezza verità che non prende in considerazione altri fattori a mio parere importanti.
Dobbiamo pur dire, per esempio, che le “storiche” – per prime e per un certo tempo uniche – hanno navigato acque inesplorate, dove i disabili per la legge e per la gente si chiamavano minorati, dove non si sottilizzava sulle definizioni come oggi (“diversamente abili, con abilità differenti o cos’altro???”) e dove nessuno, sindacati compresi, si prodigava a tutelare “presenze invisibili” che, chissà perché, non scendevano mai in piazza…
Poi, con il passare degli anni, il varo e la stentata applicazione di leggi a tutela, persone singole, sganciate da formazioni consolidate, si sono impegnate e unite ad altre per l’attuazione di diritti prima e di progetti realizzati poi. Piccole associazioni e movimenti fino a quel tempo non considerati con interesse si sono così rafforzati e messi in rete proponendo modalità nuove di approccio ai diversi problemi.
Giungere ad essere espressione di bisogni a livello nazionale è stato ed è tuttora difficile; essere riconosciuti e diventare interlocutori sia nei confronti dell’Associazionismo storico che dell’ente pubblico, credo lo sia stato ancor di più. Bisogna convenire però che la Fand (Federazione tra le associazioni nazionali dei disabili: Anmic, Ens, Uic, Anmil) e la Fish (Federazione italiana superamento handicap, che raggruppa organizzazioni rappresentative di movimenti diversi) sempre più spesso promuovono manifestazioni ed incontri, anche a livello ministeriali, in maniera unitaria. È l’unica strada da percorrere se non si vogliono consumare energie e risorse inutilmente, visti anche i tempi politici e sociali complessi e contradditori che stiamo vivendo.
Almeno in parte è fisiologico e quasi normale che ci siano idee diverse, proprio perché le nuove realtà sono nate, nascono e nasceranno per sopperire ad un reale o presunto vuoto, e sentono la necessità di essere riconosciute e legittimate dalla società e dall’ente pubblico ritenendo di non poter delegare ad altri l’importante compito di rappresentarne i bisogni.
Non ritengo però sia vero che “…tutti vogliono farsi belli ed apparire davanti ai politici…”. Voglio credere piuttosto nella buona fede di chi, pur lavorando nel mondo della disabilità con obiettivi analoghi, ha idee contrastanti sul come realizzarle. Sarebbe davvero preoccupante e offensivo se obiettivo primario fosse quello di ottenere i favori dei politici di turno.
Nel mio piccolo, e con alle spalle quasi vent’anni di impegno in Cooperative e associazioni a livello locale, posso dire che comprendo e condivido l’amarezza che Bonvecchio fa trasparire. Non entro volutamente nel merito del “giusto o sbagliato” di alcuni fatti accaduti a cui fa riferimento. Instaurare e consolidare un rapporto di collaborazione e fiducia non è semplice, con nessuno e per nessuno. Acquisire sintonie su alcuni temi è laborioso, perché sono i temi ad essere complessi: i diritti delle persone disabili, il lavoro, le barriere architettoniche, la mobilità, l’assistenza, ecc. Se ci pensiamo in questi anni abbiamo affrontato con il Comune di Trento, la già Atesina ora Trentino Trasporti Spa, la Provincia e altri, questioni che – poco o tanto – hanno pur portato a modifiche nell’approccio dei problemi sopra citati. Certo, l’impegno di “esserci” e proporsi comporta anche lo scotto delle “non concordanze” e, a volte, del contrasto: in alternativa c’è il lasciare sempre e comunque che siano gli altri a fare e decidere per tutti. Ma non mi pare sia quello che neanche Silvano vuole. Grazie e a presto,
Graziella Anesi, Presidente Cooperativa HandiCREA