Un punto di vista sul mondo associativo

Autori:Redazione

Data: 01/02/12

Rivista: febbraio 2012

Vista la sua notevole esperienza come giornalista, come vede il mondo associativo e assistenziale, in un momento storico come questo?

Lo vedo in crescita, sia quantitativa che, soprattutto, qualitativa, ma in grande difficoltà. Sempre di più le associazioni si sono rivelate un preziosissimo strumento di assistenza e integrazione, supplendo spesso alle carenze del sistema pubblico di welfare. Al punto che oggi il welfare italiano può essere definito un efficiente mix di pubblico e di privato no-profit. Ma i tagli dei finanziamenti degli ultimi anni stanno mettendo in crisi questo sistema a tutto vantaggio del privato speculativo. Una crisi favorita, soprattutto al Sud, da sprechi, inefficienze, corruzione e malaffare.

Crede che realtà cooperative come se ne trovano in Trentino possano nascere e svilupparsi allo stesso modo in tutte le Regioni d’Italia se ci fosse un concreto investimento teso al benessere sociale?

Magari… Purtroppo non è solo una questione di finanziamenti quanto di mentalità. Per voi trentini la cooperazione è parte della vostra vita, è normalità. In altre regioni, in particolare al Sud, è stata ed è occasione per affari e sprechi che nessun beneficio portano a chi è in difficoltà o a rischio. Non mancano, purtroppo, scandali e inchieste che lo confermano. Certo ci sono anche belle realtà, come spiegherò più avanti, ma sono purtroppo isolate, vere rarità. Quello che ci vorrebbe è una vera crescita culturale che faccia penetrare nella società l’importanza del “mettersi assieme”. Una strada lunga. Solo allora avrà un senso proporre nuovi investimenti.

Al convegno “Aggiungi un posto a tavola “, svoltosi qui a Trento il 19 maggio scorso, lei ha citato alcune realtà italiane in cui si è operato, senza aiuti, alla realizzazione di esperienze di welfare positive che costituiscono dei piccoli miracoli, ce le vuole ricordare?

Si tratta di esperienze che nascono in difficili realtà del Sud. Sicuramente più complesse della vostra provincia dove le realtà cooperative non solo hanno una lunga storia ma, soprattutto, sono apprezzate e sostenute. La prima realtà riguarda alcune cooperative e associazioni casertane che utilizzano dei beni confiscati alla camorra per iniziative di integrazione dei disabili. La cooperativa Agropoli di San Cipriano d’Aversa ha da alcuni anni un gruppo di convivenza dove vivono alcune persone con disagio mentale. Al piano terra la pizzeria-ristorante Nuova Cucina Organizzata (il nome evoca la Nuova Camorra Organizzata), realtà di successo al punto che con gli utili è stato possibile ristrutturare una villa confiscata al Pasquale Spierto spietato killer del clan dei casalesi (tra le sue vittime anche due carabinieri), dove è stata aperto un altro gruppo di convivenza. Siamo nel paese di Antonio Iovine, ‘o ninno, il penultimo dei superlatitanti del clan, catturato il 17 novembre 2010 dopo 14 anni di latitanza. Ma qui si tocca con mano un’altra realtà. La villa ha il cancello sempre aperto e nell’alto muro di recinzione, simbolo un tempo del potere del boss (nessuno doveva vedere…), sono stati fatti dei grandi buchi. Il massimo della trasparenza. Perché, dicono, la gente deve sapere quello che facciamo. Con gli utili dello scorso anno, inoltre, la cooperativa ha potuto sostenere alcuni bambini del paese, provenienti da famiglie a rischio, anche di area camorristica: i matti che aiutano i più piccoli, scherzano. Analoga attività svolge la cooperativa “Al di là dei sogni” che a Sessa Aurunca gestisce una casa famiglia in un bene confiscato al boss Antonio Moccia e intitolato ad una vittima innocente della camorra, Alberto Varone. Qui, oltre a dare una nuova vita a persone svantaggiate, si fa agricoltura biologica producendo ortaggi sott’olio. Così come a Casal di Principe dove opera la cooperativa “Eureka” coltivando un terreno a orticoltura e un pescheto, entrambi confiscati al clan camorrista dei Casalesi e oggi intitolati a un’altra vittima innocente delle cosche, Antonio Di Bona. Qui si producono marmellate e ortaggi sott’olio. All’inizio dell’estate proprio il pescheto ha subito un grave danneggiamento, come purtroppo accade non poche volte alle realtà che utilizzano i beni ex mafiosi. Ultima, ma non meno importante realtà, è la Onlus “La forza del silenzio” che segue una cinquantina di minori autistici. L’iniziativa si trova in metà della villa bunker confiscata a Francesco Schiavone detto “Sandokan”, l’indiscusso capo dei Casalesi (in carcere con vari ergastoli). Nell’altra metà vive ancora la famiglia del boss. Una difficile convivenza, una sfida per chi si impegna a cambiare la propria terra. Ma le difficoltà sono tante, non solo la camorra. Infatti tutte queste iniziative sono a rischio in quanto la Asl della zona non intende rinnovare i finanziamenti, i “budget di salute”, malgrado costino meno della metà dei ricoveri in strutture tradizionali. Alcune delle quali, tra l’altro, sarebbero tra gli affari delle cosche. Spostandoci in Calabria un’altra bella iniziativa è la comunità “Progetto Sud” di Lamezia Terme (Catanzaro) fondata 30 anni fa da un sacerdote bresciano, don Giacomo Panizza. Con varie cooperative e gruppi di volontariato si occupa di disabili, tossicodipendenti, rom e, recentemente, anche di immigrati minorenni non accompagnati. Anche “Progetto Sud” ha due beni confiscati. Nel grande palazzo un tempo simbolo del potere del clan ‘ndranghetista dei Torcasio e che oggi porta il nome “Pensieri e parole”, esiste da due anni la casa famiglia “Dopo di noi” per disabili gravi, e dalla scorsa estate un appartamento che ospita nove immigrati minorenni giunti a Lampedusa. In un altro palazzo confiscato si trova, invece, un centro di accoglienza per rifugiati.

Negli ultimi 20 anni si sono fatti dei passi avanti per l’integrazione sociale delle persone disabili, oggi si parla di “inclusione” che sembra il gradino successivo, lei ha un pensiero a riguardo?

La mia impressione, sia come giornalista che come padre di un ragazzo disabile, è che dopo anni di veri e importanti passi avanti nell’integrazione, proprio mentre si cominciavano a vedere i primi risultati di una nuova stagione di inclusione, sia arrivata la doccia fredda dei tagli indiscriminati che stanno colpendo in primo luogo i più deboli come disabili, anziani e più in generale il mondo del disagio. Gli italiani si sono dimostrati pronti e disponibili per una vera inclusione mentre parte dei mondo politico sembra più attenta a criminalizzare i disabili con la scusa dei pochi furbi che ne approfittano. I continui tentativi di ridurre pensioni e indennità di accompagnamento, inutili e dolorosi controlli su disabili anche gravissimi, umilianti richieste di documentazioni alle loro famiglie, le annuali e crescenti difficoltà nell’inserimento scolastico, ne sono l’evidente dimostrazione. Ovviamente con alcune, poche, eccezioni territoriali.

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