Naturalmente, le preoccupazioni sollevate da Ianes e l’appello dei genitori di Cles (vedi articoli precedenti) possono aver dato l’immagine di un’istituzione “scuola” incapace di rispondere a tono alle necessità di tutti gli alunni. Per una piccola contro-verifica sul campo ci siamo messi in cerca di uno studente fresco di studi e ben presto abbiamo incontrato Enrico, affetto da una patologia neonatale che gli comporta una parziale riduzione di funzionalità ma senza privarlo dell’autonomia.
Lo troviamo nel giardino di casa intento a rifarsi con biscotti e cioccolatini delle energie consumate nel pellegrinaggio a Roma per il Jubileo, viaggio di cui egli stesso ci riferirà in altra parte del giornale. I suoi modi garbati rendono facile conversare con lui anche se una certa pignoleria lo spinge spesso a sindacare sulle domande e a chiederne addirittura il motivo. Meglio così, ci risparmiamo malintesi e quello che state leggendo è proprio quello che lui pensa.
Pochi convenevoli, un invito di Enrico al padre seduto un po’ in disparte a non commentare le sue dichiarazioni e partiamo.
Allora, come mai hai scelto le Magistrali? Com’è stato il primo contatto?
Enrico: Beh… In terza media ero un po’ incerto sulla scelta fra indirizzo tradizionale o socio-psico-pedagogico. Ho finito con optare per il primo. Quando nel giugno ’96 sono andato all’Istituto per prendere contatto con l’ambiente, alcuni professori e studenti hanno organizzato per me una festicciola di benvenuto… abbiamo anche cantato.
In cerca di una conferma, gli replico: Un’ottima partenza quindi?
Garantisce deciso: Sì, certo. Ad inizio anno, in prima, ero un po’ frastornato per via del nuovo ambiente e dei nuovi compagni ma questo succede a tutti, no? Non ci ho messo tanto a farmi dentro. Qualche problema l’ho avuto solo con la matematica ma alla fine tutto OK!
Gli chiedo di ragguagliarmi su quanto ha fatto la scuola per fargli superare le difficoltà.
Risponde: Dalla terza media ho sempre avuto a fianco a me un’assistente socio-educativa fin dal primo giorno di lezioni. Beh… ogni tanto si ammalava ma veniva sostituita subito da una supplente, però mai avuto problemi. Alle Magistrali mi hanno assegnato anche un’insegnante di sostegno: in caso di malattia, fino a 15 giorni di assenza non veniva sostituita così come ogni altra insegnante di cattedra. Comunque l’assistente e l’insegnante svolgevano due compiti ben distinti: la prima mi toglieva i libri dalla cartella, prendeva appunti per me, se ero in ritardo durante i temi in classe li dettavo a lei, mi accompagnava in bagno; la seconda mi dava una mano per matematica e fisica. Con loro mi sono sempre trovato bene ma è stato così anche con i professori.
Insisto: Allora rifaresti le Magistrali?
Non ci pensa un istante: Sì, senza dubbio. Ma forse stavolta partirei con il corso di 5 anni. In ogni modo in autunno tornerò in classe per seguire l’anno integrativo. Resterò con i miei compagni e della cosa sono molto soddisfatto.
Con loro hai conservato un buon rapporto?
Enrico si apre in un sorriso: Sì, ci sentiamo spesso. Mi hanno chiamato per farmi i complimenti per il voto [85 ndr] e gli auguri per il compleanno. Durante l’anno scolastico mi aiutavano moltissimo, erano sempre disponibili… in classe ero l’unico maschio… mi coccolavano.
Gli chiedo se pensa di frequentare l’Università l’anno prossimo.
Accennando si con la testa, precisa: Ma non ho ancora scelto. In ogni caso nel sociale, psicologia o sociologia. A me la matematica non piace.
Cambio argomento ed entro nello specifico dell’intervista: C’erano barriere architettoniche dentro l’istituto?
Senza esitare, dichiara: No, tutto a posto! Ho fatto seconda, terza e quarta alle Cesare Abba di via S. Bernardino: fuori lo scivolo e dentro l’ascensore che, a dir il vero, si rompeva spesso ma il tecnico veniva quasi subito. In certe occasioni mi è toccato far le scale e in altre, se c’era fretta, mi sono fatto portare su dai miei compagni. Anche il bagno era a posto, non c’erano problemi.
E quando c’era da spostarsi fuori dall’istituto come facevi?
Enrico: In occasione di uscite extrascolastiche (ai laboratori della sede di via Malfatti, per visite guidate, esercitazioni di tirocinio ed assemblee di istituto al cinema Roma), quando le condizioni meteorologiche non permettevano l’uso della carrozzina, si presentava la necessità di usare l’automobile.
In tal caso sorgeva sempre il problema della copertura assicurativa per il mio trasporto e per non far correre rischi ad altri e non lasciarmi a scuola, interveniva in prima persona mia madre. Tuttavia, in alcune occasioni, per accorciare i tempi di spostamento, qualche insegnante mi accompagnava personalmente, esulando dai suoi compiti specifici. È stabilita una rigida divisione di competenze e di direttive. Se fanno qualcosa in più non previsto dai loro compiti, è solo per favore.
Ad esempio, una bidella, appena mi vedeva, correva a spalancarmi le porte, mi prendeva la cartella e mi accompagnava anche in classe: questi ultimi due compiti non erano certo suoi!
Troppo bello. Gli dico: Tira fuori una critica, anche piccola!
Ci riflette su un attimo: No, non posso dir niente cioè si potrebbe fare un appunto alla velocità con cui il Provveditorato sostituisce gli insegnanti d’appoggio: troppo lenti, aspettano anche una settimana a mandarli.
Ribatto: Tutta qui la contestazione? Non vorrai che io faccia l’elogio pubblico delle Magistrali? Tira fuori una cattiveria!
Fa una pausa, medita un attimo e ribadisce con calma di non essersi mai trovato di fronte a particolari problemi. Il padre però, che fin lì si era limitato a borbottare per conto suo, interviene con decisione per contestare la rappresentazione di efficienza esposta da Enrico e gli rammenta le difficoltà di passare dalla sede distaccata alla centrale.
Enrico controbatte: Effettivamente ci sarebbero state meno difficoltà di spostamento se mi avessero messo fin dall’inizio con la mia classe in sede centrale anziché in succursale.
Lo blocco: Come sarebbe a dire «se mi avessero messo»? Semplicemente “avrebbero dovuto mettermi”, bastava che ci pensassero un attimo, credo siano pagati anche per questo!
Lui non sembra dar troppo peso al particolare e resta ben fermo nelle sue convinzioni: Ma sono cose tecniche e non di rapporto tra persone.
Con l’aiuto del padre tento qualche altra provocazione (mancanza di tecnologie, vocabolario digitale, ecc.) ma Enrico non deroga minimamente dalla sua linea di fondo. Forse è andata proprio come dice lui.