Da metà anni ‘90 si fa un gran vociare di biotecnlologie, di cellule staminali, rigenerazioni neuronali ecc.. come novità scientifiche in grado di “aggiustare” il midollo spinale. Parecchie le proposte “sul mercato” della speranza, da quelle serie (pochissime) di scienziati veri a quelle (tantissime) di apprendisti stregoni, furbacchioni, arraffoni, ciarlatani, ecc.. lasciati liberi, specie in alcuni paesi come Portogallo, Argentina, Corea e Cina di promettere, illudere ed eseguire interventi mirabolanti. Insomma, a sentir loro, basterebbe prendere l’aereo! Così, anche qui a Trento, c’è chi è partito con 25 mila euro per Pechino nel vanissimo tentativo di tornare in città sulle proprie gambe.
L’attesa di una “tecnica innovativa” accende ciclicamente le aspettative perlomeno da quando, quattro mila anni fa, un medico egiziano palesò, in un trattato di chirurgia scritto su un papiro, la sua riluttanza a curare pazienti con traumi alla colonna cervicale affermando che: “Un individuo con lussazione ad una vertebra del collo ha insensibilità nei quattro arti ed incontinenza vescicale: é quindi da considerare incurabile”.
In epoca romana, ad esempio, l’illusione si chiamò “succussione”: il paziente legato ad una scala veniva scosso con forza (come si fa col perèr) nella speranza di far rientrare la vertebra lussata al suo posto. Non c’è documentazione su eventuali successi… Ippocrate però era contrario a questo metodo e suggerì di mettere in trazione il collo del paziente. Questo trattamento rimase in uso finché nel 1814 l’americano Henry Cline effettuò la prima laminectomia per rimuovere un arco vertebrale fratturato e l’edema che comprimeva il midollo. Nuove illusioni ma, nel concreto, l’intervento modificava di poco la situazione e, punto fondamentale, nulla poteva in presenza di un danno al midollo. Cento anni dopo, altro miraggio: l’americano Crutchfield adottò la trazione cranica rimasta in uso fino al 1956 allorché, nuova chimera, fu introdotto l’approccio chirurgico alla colonna: si interviene immediatamente sul traumatizzato sia per ridurre la pressione sul midollo spinale sia per riallineare la colonna e darle stabilità. Questo trattamento se eseguito prontamente, dà qualche risultato: diminuisce il livello di inabilità e ripristina le funzioni volontarie degli arti, sempre a condizione che non vi sia stata lesione neurologica. Nuove illusioni negli anni ‘70 e ‘80 con gli elettrodi capaci di bypassare il punto danneggiato e gli impianti di nervi ma nulla di concreto. Da ultimo, le cellule staminali con le quali è in corso, ottobre 2010, un esperimento fatto con grande serietà scientifica in Usa: pare sarà un vero passo in avanti ma… Meglio prudenza davanti a proposte di cure mirabolanti, quella prudenza che questo giornale raccomanda fin dal suo primo numero, ormai di 11 anni fa! Sulla estrema facilità, infatti, con cui certe balordaggini entrano nei circuiti di informazione diventando notizie vere, ho trovato questo articolo illuminante del 3-10 marzo 1918 sulla “Domenica del Corriere”, allora massimo e inconfutabile settimanale. Titolo dell’articolo: “Una nuova meraviglia della chirurgia”.
Tra le meraviglie che ha compiuto la chirurgia nella guerra moderna, havvi anche il trattamento diretto del midollo spinale ferito per colpa di arma da fuoco (siamo al quarto anno della guerra 14 – 18, ndr). In un caso, nel quale la palla di fucile aveva colpito la colonna vertebrale e reciso in parte il midollo spinale in questa contenuto, il proiettile fu rimosso e la ferita del midollo, dopo essere stata disinfetta per qualche giorno, venne regolarizzata e riparata. La riparazione accadde mediante il trapianto di midollo spinale, asportato di recente dal corpo di un coniglio. All’operazione seguì un miglioramento spiccato: la facoltà del movimento e della sensazione ricomparvero in parte nelle membra, nelle quali, in seguito alla lesione del centro nervoso erano scomparse; fatto anche più importante, sono grandemente migliorate certe funzioni dell’intestino, di importanza vitale che sono in dipendenza diretta dall’influenza del midollo spinale e ce quindi in seguito alla ferita erano soppresse. Quando si pensa che le lesioni estese del midollo spinale lasciate a sé stesse conducono il paziente immancabilmente alla morte, la grande importanza di questi risultati risulta evidente.
Nel caso suddescritto l’operatore, il Menburn, ricorre per riparare la ferita, al midollo spinale di coniglio perché già questo aveva dato buoni risultati nelle ferite estese di grossi tronchi nervosi. Un altro caso consimile già era stato osservato da Mayo Robson; si era trattato di un giovinetto il quale, durante una caduta a terra, si era fratturato la colonna vertebrale e lacerato il midollo spinale; questo era reciso per la maggior parte del suo spessore in tal modo che i margini della ferita distavano tra loro più di un centimetro.
Il Mayo Robson intervenne riducendo direttamente con fili di catgut i margini della ferita. La paralisi scomparve ed il paziente guarì direttamente.
dott. A.