Incontro Sara intorno a mezzogiorno, in una palestra di arrampicata a Rovereto, dopo una mattinata trascorsa in ospedale a fare quella che per lei è ormai una routine necessaria, la dialisi. Mi accoglie con un sorriso, non ci siamo ancora nemmeno presentate, ma già capisco quanto questo sport sia parte integrante della sua vita. Entriamo in palestra e ci sistemiamo ad un tavolo tra una parete piena di appigli colorati e l’altra, e qui comincia la nostra chiacchierata.
Sara Grippo è una bella ragazza di 33 anni, originaria di Paesana nel Cuneese, trasferita da poco ad Arco in Trentino con il fidanzato Stefano Ghisolfi, climber professionista.
Sara convive da ben dieci anni con una rara malattia che colpisce i reni, la glomerulonefrite cronica da immunocomplessi. Le viene diagnosticata a 23 anni, dopo un ricovero in ospedale di un paio di mesi, da allora per i primi cinque anni i medici riescono a tenere a bada la malattia intervenendo con una cura a base di farmaci immunosoppressori e cortisone. 16 pastiglie al giorno però purtroppo non bastano, la malattia si ripresenta e Sara è costretta ad entrare in dialisi. Questo significa recarsi in ospedale tre volte in settimana (un giorno sì e uno no, week end esclusi), sottoporsi a sedute di quattro ore per volta, durante le quali un ago viene inserito nel braccio e 25 litri di liquido dializzato vengono immessi nel suo corpo. In questo modo il sangue viene ripulito da tutte le scorie che i reni, a causa della patologia, non sono in grado di filtrare.
Convivere con questo tipo di malattia autoimmune significa anche smettere di fare pipì. Tutti i liquidi ingeriti tra una seduta di dialisi e l’altra non vengono smaltiti dall’organismo e si accumulano. Questo costringe chi ne soffre ad una dieta estremamente rigida, è consentito ingerire non più di mezzo litro di liquidi al giorno, frutta e verdura compresi. Il senso di sete è costante, da una parte il cervello “chiama” liquidi per diluire il sangue, dall’altra i reni non sono in grado di smaltirli. I livelli di fosforo e potassio devono essere continuamente monitorati, un eccesso di uno o l’altro può portare rispettivamente alla calcificazione delle arterie o ad un arresto cardiaco. In poche parole, per Sara anche un semplice avocado (frutto ricco di potassio) può rappresentare un pericolo per la salute.
Inoltre, va considerato che una seduta di dialisi è qualcosa di estremamente debilitante per il fisico, al termine di quelle quattro ore, il cuore è affaticato e tutto l’organismo ne risente. La stanchezza prevale e diventa difficile anche solo fare una rampa di scale.
Mentre la ascolto raccontarmi cosa significa, di fatto, vivere grazie ad una macchina, la domanda mi sorge spontanea: “ma come ci riesci?” “Io non ci riesco, lo voglio.” Risponde. “Ce la metto tutta, sono giovane, tanti mi dicono rinascerai dopo il trapianto (di reni ndr), ma non è quello che voglio. Io voglio vivere ora, e l’arrampicata mi fa sentire viva.”
Essere in grado di vivere la propria vita appieno, accogliendo in egual misura tutto quello che accade lungo il cammino. Cominciare ogni giorno affrontando le avversità per quello che sono, fonte talvolta inesauribile di problemi ma allo stesso tempo, paradossalmente, grandi opportunità.
Sara questo l’ha capito, in futuro un trapianto potrebbe risolvere, almeno momentaneamente, i suoi problemi, lei però ha scelto di non vivere aspettando.
Conduce, nel limite del possibile, una vita attiva. Oltre ad arrampicare, spesso corre e pratica yoga, ha anche girato un breve video disponibile su youtube dal titolo: “Non è un sogno”, in cui si racconta in prima persona. Lavora da casa come grafica pubblicitaria, sostiene e segue con passione Stefano nella sua carriera sportiva. Convive con la malattia ed ha imparato a rispettarla, ma lavora costantemente su se stessa per far sì che quest’ultima non prenda mai il sopravvento sul fisico ma soprattutto, sulla mente.
“Io credo che un fisico malato porti ad una mente più consapevole ed ad un’anima più forte e tenace. Questa è una convivenza che durerà tutta la vita, sarà lei la mia compagna (…) è così. La ricerca di un costante e difficile equilibrio nella vita così come nella scalata.” (Sara Grippo, Non è un sogno)