Una storia di vita

Autori:Redazione

Data: 01/12/04

Rivista: dicembre 2004

Sono Giuliana. A 25 anni, mentre a Bologna frequentavo il sesto anno di Medicina e Chirurgia, fui colpita da una crisi epilettica. Tre mesi dopo, con una TAC, ne fu trovata la causa: un esteso angioma cerebrale sviluppatosi nella parte temporale del cervello. I medici me lo descrissero come “una bomba” a rischio di scoppio con conseguente emorragia dall’esito potenzialmente fatale.

La situazione era talmente compromessa da sconsigliare un intervento chirurgico.

Convivere con questo problema mi causava una terribilmente angoscia, non riuscivo più a studiare né a vivere con l’entusiasmo di prima! Alla fine, sull’orlo della disperazione, cercai un neurochirurgo disposto comunque ad operarmi. Lo trovai dopo un anno a Verona e a lui mi affidai fiduciosa. L’intervento sull’angioma riusci ma la sua asportazione, come paventato, comportò il danneggiamento di altre parti del cervello. Caddi in coma ed al risveglio avevo la parte sinistra del corpo paralizzata né riuscivo a parlare ed avevo difficoltà a mangiare.

Col tempo la mia situazione fisica migliorò ma gran parte della funzionalità era perduta e mi trovai ad affrontare la vita in una condizione gravemente invalidante.

Per continuare a vivere non mi rimaneva altro che lottare e lo feci con caparbietà, recandomi nei migliori centri di riabilitazione funzionale in cerca di autonomia. Anni di piccole vittorie ma anche di amare sconfitte, anni di isolamento ma anche di ricerca di un compagno con cui convivere, sposarmi, avere una figlia e realizzare con loro il sogno di una casa in campagna con fiori, gatti e un cane.

La ricerca incessante di autonomia mi spronò a chiedere la patente speciale, non facile da ottenere per la mia lesione cerebrale e per la necessità di assumere farmaci a vita. Nonostante questi ostacoli sono stata la prima emiplegica in Provincia di Trento a guidare una autovettura adattata.

I tanti anni passati dai tempi di Bologna mi costrinsero ad abbandonare l’idea di finire l’università e così mi iscrissi a scuole parauniversitarie o socio-educative, ma fui rifiutata per mancanza di idoneità fisica.

Trovai un’occupazione col collocamento obbligatorio all’ANFFAS come centralinista. Un lavoro poco adatto a me per la difficoltà nel parlare e ancor più nel prendere appunti. L’Agenzia del Lavoro si preoccupò allora di offrirmi un eventuale sostegno per qualificarmi, ma la direzione rifiutò e questo fu per me motivo di grande frustrazione.

Un successivo aggravamento fisico dovuto ad un intervento al ginocchio e l’ufficio barrierato mi costrinsero a dimettermi dopo pochi anni ed a ritirarmi nella mia casetta in mezzo al verde della Valsugana.

Non per sempre però! Ho richiesto alle Cooperative e ultimamente al Consorzio Autonoleggiatori la garanzia del trasporto. Una soluzione quest’ultima, più pratica per me perché posso salire con facilità su un’autovettura e altrettanto veloce è la prenotazione. Ciò mi consente di andare con sicurezza all’ospedale per le mie cure, di praticare volontariato presso l’Associazione Prodigio, di conoscere nuovi amici e rendere la mia vita più ricca e autonoma nonostante tutto…

Il tempo passa ed oggi la mia sfida è accettare i miei piccoli ma inevitabili peggioramenti fisici, l’uso di un tutore per camminare, terapie periodiche per diminuire gli spasmi, l’ansia nell’affrontare un viaggio non accompagnata. Limiti nuovi, che a volte mi procurano intenso sconforto.

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