Un’alternativa alle multinazionali

Data: 01/04/04

Rivista: aprile 2004

Parliamo oggi di mercato equo perché, nel corso della conferenza dell’ACCRI, siamo stati particolarmente attratti da un intervento. Il 10 febbraio, infatti, il Mandacarù, la cooperativa trentina costituitasi per la vendita al dettaglio dei prodotti “equi e solidali”, ha invitato ad offrire la sua testimonianza Luca Palagi, impegnato in progetti del Consorzio Ctm Altromercato in Africa. Le diapositive, da lui portate come spunto e sfondo per il suo intervento, sono una finestra su un Paese lontano, eppure non troppo diverso dall’ambiente cui siamo abituati. Montagne e campagne coltivate fanno da sfondo a visi sorridenti di giovani occupate nella lavorazione di foglie di banano, usando utensili che, nella loro povertà, ci ricordano quelli dei nostri nonni.

Ma che cos’è questo “mercato equo e solidale” di cui sempre di più si sente parlare? Esso è un modo di fare commercio molto particolare, se vogliamo “controcorrente”. Lo scopo primo è quello di pagare ai produttori del Terzo Mondo un giusto compenso, che permetta loro un tenore di vita accettabile. Questo può significare che il costo della merce acquistata a Trento sia più elevato, ma i soldi in più non sono un profitto del negozio: il prezzo anzi viene stabilito dal compenso corrisposto al produttore. Il mercato equo s’impegna a pagare ai contadini e agli artigiani del Terzo Mondo con cui intrattiene relazioni commerciali, il giusto prezzo per il lavoro che questi svolgono.

Ad esempio, consideriamo le tattiche utilizzate dal marchio CTM Altromercato (il fornitore del Mandacarù, nonché il più grande consorzio italiano operante in questo settore). Cosa fa l’Altromercato di diverso dall’imprenditore, impersonato in questo caso dalle multinazionali, che gestiscono gli scambi commerciali con i Paesi poveri?

I punti di forza sono molti. In primo luogo i rapporti che il consorzio intrattiene con i produttori del Terzo Mondo mirano al perfezionamento della coltura preesistente e il prezzo della merce è stabilito dal produttore. Inoltre il pagamento viene corrisposto in due rate: 50% come prefinanziamento e 50% dopo la consegna. Ciò comporta un intervento di supporto nel momento critico del ciclo di produzione agricola: se un raccolto va in fumo il produttore ha ancora a disposizione metà del compenso per procurarsi le sementi per l’anno successivo.

Il CTM si impegna poi a non comprare la materia grezza (una transazione di questo tipo sarebbe svantaggiosa per il produttore). Nell’ intraprendere nuovi progetti Altromercato si mette a disposizione dei partner per corsi di formazione professionalizzanti: in tal modo le materie sono lavorate secondo i parametri igienici e di sicurezza del mondo occidentale.

Parte dei profitti devono essere reinvestiti dai produttori in attività socialmente utili (come ospedali o scuole). Per questo motivo il CTM non lavora con singoli individui bensì con associazioni o cooperative, senza intermediari interessati solo a lucrare sulle transazioni.

Infine gli accordi garantiscono una continuità nel tempo: ciò comporta che, come nel caso di prodotti alimentari, Altromercato sia vincolato a mantenere il 50% dell’ordine anche per l’anno successivo.

Altromercato, sebbene sia la realtà più grande nel nostro Paese, non è l’unica. Ad esempio la Coop ha un proprio marchio che s’appoggia al Transfer. All’estero poi si possono trovare molte altre compagnie. Il Mercato Equo, nato dall’iniziativa di un gruppo di olandesi alla fine degli anni sessanta, sta vivendo un periodo di forte espansione. Speriamo che la paventata “crisi di crescita” ipotizzata da qualche economista non guasti i nobili ideali che l’hanno animato fin dalle origini.

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