Ciclicamente si sparge la voce che è stata identificata una cura in grado di sconfiggere o perlomeno, di bloccare la sclerosi multipla. Naturalmente a livello di laboratorio, ma intanto la notizia gira ed alimenta grandi speranze tra gli affetti da questa patologia. E’ stato così qualche anno fa per una scoperta fatta in Israele e per un’altra negli Usa. In realtà, queste notizie fatte filtrare sapientemente da laboratori di ricerca e da case farmaceutiche sono seguite a spron battuto dalla comparsa sul mercato di nuove medicine dalle grandi promesse e dall’altrettanto elevato costo.
Molte le perplessità tanto che l’Istituto Superiore di Sanità ha fatto svolgere ricerche per valutare i reali benefici dalle molte e spesso troppo costose terapie disponibili per curare la sclerosi multipla (SM). Le indagini sono state eseguite sotto la guida del dottor Luca Massacesi del Dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche dell’università di Firenze nonché responsabile del centro di riferimento toscano per la sclerosi multipla.
I risultati delle ricerche hanno fornito risposte contrastanti. Si è notato ad esempio che nei malati a cui venivano somministrate medicine a base di interferone, dopo 3, 6 e 24 mesi, rispettivamente nel 3, 14 e 16 per cento dei casi, il sistema immunitario si metteva a produrre “anticorpi anti interferone beta 1”, disattivandolo e rendendo così vano l’intervento. E non serve cambiare interferone: i NAB (è il nome dei nuovi anticorpi) neutralizzano tutti gli interferoni.
Confermata invece l’utilità di un medicinale da anni impiegato contro la sclerosi, il cortisone: usato contro le ricadute a forti dosaggi per 56 giorni: oltre al miglioramento si è registrata anche la diminuzione nel siero di alcuni marcatori tipici dell’attività infiammatoria, seppure solo per poche settimane.
L’indagine ha poi analizzato soggetti trattati con corticosteroidi, ciclofosfamide, ciclosporina A, interferone beta e copolimero 1. E’ risultato che l’interferone beta ed il cop1, pur riducendo il numero delle ricadute, non è di grande efficacia nel migliorare il decorso della malattia nel lungo termine. Innovativi invece gli effetti osservati con la somministrazione del bacillo di Calmette Guerin (BCG), immunostimolante conosciuto da anni, in 12 casi di sclerosi multipla recidivante remittente: la risonanza magnetica ha mostrato una riduzione delle lesioni.
Ancora più evidenti i benefici portati dalla azatioprina (AZA), anch’esso farmaco immunosoppressore usato da lunga data e di basso prezzo, sulle lesioni cerebrali di sclerosi multipla recidivante remittente. Anche in questo caso si è avuta tra i sei mesi prima e dopo il trattamento una diminuzione delle lesioni del 64 per cento. Dall’inizio del trattamento occorrono 4 mesi prima che questi effetti si manifestino. Gioca a favore dell’AZA la facilità di assunzione perché si prende per via orale, gli scarsi effetti collaterali ed i costi decisamente bassi: un anno di cura con l’interferone viene a costare fino a 18 milioni di lire contro le 5/6 centomila lire dell’AZA.
Le risorse risparmiate dalla Sanità con quest’ultimo farmaco, suggeriscono al Dipartimento di Scienze di Firenze, potrebbero essere girate alla ricerca sulla sclerosi multipla, ricerca che soffre per carenza di fondi.