Sfogliare un giornale di alcuni anni fa dovrebbe essere un tuffo nel passato, come aprire un album di foto che non vedi da tempo, ma purtroppo capita di guardarsi indietro e scoprire di non aver fatto poi tanta strada.
Un esempio è quello dei trasporti pubblici, noto tasto dolente in Italia, che diventa ancora più stonato quando tocca le esigenze di alcuni viaggiatori, come le persone con disabilità o a mobilità ridotta, che vogliono spostarsi con i mezzi pubblici.
Nel maggio del 2000 il presidente dell’Associazione Prodigio Onlus, Giuseppe Melchionna, raccontava in un articolo le peripezie di un viaggio in treno da Trento a Roma, analizzando pregi e difetti del servizio di assistenza offerto.
Pur descrivendo il viaggio confortevole, non erano mancate le criticità; difatti in quegli anni per salire a bordo dell’Eurocity la persona in carrozzina doveva preventivamente avvisare la stazione, previo acquisto della carta blu che consente di viaggiare con l’accompagnatore, e presentarsi almeno mezzora prima della partenza presso il deposito bagagli. Il largo anticipo era necessario per consentire agli addetti di mettere in funzione il carrello elevatore e caricare la persona sul treno.
Questo spostamento lento e macchinoso veniva paragonato da Giuseppe al trasporto che si riserva ad un pacco da caricare nella stiva insieme ai bagagli.
Il sistema utilizzato allora non permetteva quindi uno spostamento in vera e propria autonomia, dovendo sempre dipendere dalle tratte e dagli orari dei treni attrezzati e dal personale, preventivamente allarmato, per salire a bordo e ovviamente scendere una volta giunti a destinazione.
Sebbene oggi molti treni di nuova generazione siano notevolmente più accessibili rispetto ad alcuni anni fa, molte tratte minori e regionali sono servite dai soliti vecchi vagoni, alti, stretti e inaccessibili, e ancora oggi il disabile in carrozzina viene letteralmente infilato a bordo per mezzo del carrello elevatore.
Rendere accessibile un servizio significa però prevedere le possibili esigenze di qualunque viaggiatore, dandogli la possibilità di muoversi in autonomia, e restando a disposizione per eventuali necessità. Permettere anche a chi si muove in carrozzina di salire a bordo in maniera indipendente, prevedere il binario a livello dell’accesso al vagone, per esempio, consentirebbe a tutti di spostarsi più agevolmente, rendendolo finalmente un bene comune fruibile da parte di un numero sempre maggiore di persone.
Spesso difatti sono sufficienti tre gradini di metallo a fare la differenza tra muoversi e restare a terra, quasi fossero incaricati di una crudele selezione all’ingresso.
Fatto sta che ancora oggi se una persona con mobilità ridotta volesse uscire di casa per prendere un treno, senza “allertare la protezione civile con largo anticipo” per così dire, probabilmente incontrerebbe una o più barriere che glielo impedirebbero; il dislivello tra il binario e il vagone, la dimensione della porta, o ancora la disponibilità o meno di posti riservati adatti ad accogliere una carrozzina non dovrebbero essere variabili da verificare prima di ogni spostamento, bensì servizi minimi per rispettare le esigenze di tutti i viaggiatori.
Oggi, come ieri, ci sono persone che vorrebbero viaggiare liberamente ma non possono perché sono costrette ad affrontare una lunga serie di ostacoli, se non perfino a desistere dal compiere alcuni spostamenti in quanto impraticabili. Al giorno d’oggi in Italia i treni sono tra i mezzi pubblici meno accessibili, e non mancano mai le critiche. Molti passeggeri con difficoltà motoria hanno fatto presente le loro necessità, ma spesso la convinzione di essersi già adoperati a sufficienza per rispondere a queste esigenze, porta ancora a considerare strumenti come i carrelli elevatori dei validi ausili per salire su un treno.
Ancora oggi, per rendere agibili molte tratte, non si è trovato un modo alternativo rispetto alla gru gialla con luci e sirene che solleva il disabile e lo infila letteralmente nel treno, come dimostra la testimonianza di Max Ulivieri, che abbiamo intervistato su questo numero a pagina 5, in un recente articolo sul suo blog del ilFattoQuotidiano.it. Sembra impossibile che dopo 15 anni non si sia riusciti a trovare un modo più semplice per salire su un treno, quando ciò che da anni chiedono i passeggeri disabili è solo di essere messi nelle condizioni di potersi arrangiare, e viaggiare come tutti senza dipendere sempre dagli altri.
Purtroppo ci vorrà del tempo affinché i trasporti vengano “sbarrierati”, e non solamente le tratte più importanti, in quanto permettere a chiunque di poter salire e scendere agevolmente e in autonomia da un mezzo, renderebbe l’intero sistema più accessibile a tutti.
Sembrerebbe assurdo sfogliare un giornale di 15 o più anni fa e trovarlo ancora attuale, come nuotare anni contro corrente e accorgersi di non essersi allontanati molto dalla riva, ma se dei bisogni non vengono ascoltati, vanno ribaditi e pretesi, a costo di doverne scrivere ancora per i prossimi 15 anni, perché non riuscire ad andare avanti è grave quasi come tornare indietro, rendendo il percorso già spesso arduo della disabilità quasi un subdolo gioco dell’oca.
L’attualità disarmante della testimonianza di Giuseppe dimostra quanta strada ci sia ancora da fare per permettere a chiunque di potersi spostare in autonomia per tutta Italia.