Videogame: maggiore tutela per i giocatori più piccoli

Data: 01/10/08

Rivista: ottobre 2008

Il tema dell’influenza dei videogiochi sui ragazzi è spesso oggetto di dibattiti e polemiche; c’è chi dice che sono un potente strumento di apprendimento e chi invece sostiene che siano dannosi per la salute dei bambini. Chi ha ragione? Prima di schierarci con una delle due affermazioni cerchiamo di analizzare più a fondo la questione.

I videogiochi hanno un mercato mondiale, quindi c’è gente che li apprezza, li compra, ci gioca; questa è la ragione per cui esistono. L’età dei consumatori, però si è abbassata moltissimo ultimamente: bambini sempre più piccoli possiedono un videogame. Molti studiosi percepiscono questo fenomeno in modo negativo, sostenendo che un videogioco può diventare dannoso per la salute dei più piccoli causando vari disturbi come: insorgenza di ansia, disturbi del sonno, reazioni fobiche, alterazioni fisiologiche di tipo eccitatorio, difficoltà nel controllo del comportamento, aumento dell’impulsività, isolamento.

Ci sono bambini che passano ore davanti ad un videogame, tale atteggiamento, oltre ad avere conseguenze sul comportamento, sottrae tempo e risorse ad attività più meritevoli. Purtroppo questi hanno un potere “ipnotico”, per cui si tende a “caderci dentro”, perdendo la cognizione del tempo; e questo ci porta al fattore “dipendenza”, un elemento da non sottovalutare! La dipendenza è un tipo di relazione “morbosa” che si crea conseguentemente ad un’esposizione eccessiva al gioco. “Non posso farne a meno”, questa l’affermazione di molti ragazzini.

Non si può davvero fare a meno di un videogame? La risposta universale è no! Ma in questa società la tecnologia è all’ordine del giorno. Ai genitori risulta difficile (non impossibile) negare al proprio figlio un videogioco, anche perché questi rappresentano senza dubbio una forte attrattiva per bambini e adolescenti, ma non dovrebbero mai abbassare la guardia e controllare sempre i contenuti; comunque, se il figlio vuole un videogame in regalo, esistono tre modi (anche di più ma ne elenco solo tre) per “risolvere” la questione: il primo può essere il modo restrittivo, “non te lo compro”; in modo attivo, “puoi giocarci mezz’ora al giorno dopo i compiti”; in modo collaborativo, “se fai i compiti ci gioco anch’io con te”.

Esistono anche, in alcune console di nuova generazione, sistemi di controllo “parental control”, che limitano il tempo di attività di gioco; sono in grado di bloccare, attraverso un timer predisposto dai genitori, l’uso del videogame dopo un determinato tempo. Di giochi ne esistono a migliaia, particolare attenzione però va a quelli con contenuti “aggressivi”; solitamente sulla confezione è segnalato se il gioco è destinato ad un pubblico adulto, ma non sempre questa regola viene rispettata.

In alcuni videogame, destinati a giocatori maggiorenni, si propongono attività socialmente sbagliate come: uccidere, rubare, distruggere cose e persone; questi talvolta “cadono” nelle mani dei bambini influenzandoli in modo negativo, i giochi cruenti sono una forma di maltrattamento emotivo.

Non concludo criminalizzando tutti i giochi elettronici, ma consigliando ai bambini di farne un buon uso e ai genitori di temere la carenza di relazioni sociali e affettive dei figli.

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