Vivere o morire

Data: 01/04/17

Rivista: aprile 2017

Categoria:Disagio e inclusione

In questi giorni sono stata molto colpita dalla notizia sentita al telegiornale che raccontava la storia di Dj Fabo, un giovane reso cieco e paraplegico dopo un incidente stradale. Egli, in queste terribili condizioni e avvalendosi degli unici mezzi che gli erano rimasti per comunicare, la sua parola e la facoltà di decidere, ha espresso la volontà di morire dicendo: “la mia è vita senza senso, voglio porre fine a quest’agonia”.

Ha fatto appello anche alle autorità per poter compiere quanto detto in Italia, ma sappiamo che qui non c’è ancora una legge sull’eutanasia, suicidio assistito, fine vita, o come vogliamo chiamarla.

A questo punto non gli era rimasta che la Svizzera dove, con 13.000 euro, il 27 febbraio alle 11:45 è morto.

Cercare di avere in giudizio su un gesto così estremo non è cosa semplice. E mentre alla tv mandano in onda programmi per cercare di capirne qualcosa e al Parlamento ancora non trovano accordi, a casa mia le opinioni si dividono, mia figlia condivide pienamente questa scelta da un lato, e mio figlio dall’altro non sembra essere convinto della scelta di Fabo.

Certo è difficile pensare alla morte, quando umanamente passiamo molto tempo cercando di essere felici, ed avere una vita come immaginiamo, che solamente l’idea di cambiare ci terrorizza.

Per carità, nessuno di noi vuole soffrire, né stare male.

Ma come possiamo sapere quando staccare la spina? La tolleranza al dolore non è per tutti uguali. Quali sono le condizioni perfette, se così si può dire, per rinunciare alla vita? C’è un modo giusto per vivere o morire? Ed è solo una nostra scelta?

Se così fosse, potremmo giustificare tutti i suicidi. Tutti spinti da diverse motivazioni, come mancanza di comunicazione, pene d’amore, problemi di soldi…in fondo, chi di noi non ha mai pensato alla frase “mi sento morire”?

Tante domande amici e non ho risposte, ma vorrei condividere come sempre qualche passaggio della mia esperienza con voi.

Grazie al mio lavoro tanti anni fa ho conosciuto una signora di 104 anni, con mia grande sorpresa stava abbastanza bene fisicamente, camminava e parlava senza grandi difficoltà. Chiedeva sempre di comprarle tre giornali e ogni volta guardava solo gli annunci di morte. Io non capivo il perché, ma quando un giorno ha letto il nome di una sua conoscente deceduta da poco, ed invece di essere triste era furiosa ed ha cominciato inveire contro Dio, ho compreso cosa sentiva realmente nel suo cuore quella donna. Una vita così lunga era per lei una punizione, non una benedizione. Nella sua anima era già morta da tempo.

Nella mia esperienza di vita ho conosciuto anche persone che nonostante le loro terribili condizioni di salute, continuano a lottare, riuscendo perfino a dare forza ad altri.

Questo è quello che ci distingue l’uno dagli altri: il modo di reagire. Forse la vita e la morte sono una cosa sola e la differenza la fa ognuno di noi.

Non so quale sia il modo giusto o sbagliato di vivere o morire, penso sia veramente una scelta che va più in là di noi stessi.

Ma 17 anni fa, quando ho visto soffrire mia madre in ospedale  ho pregato Dio che la portasse con Lui, sicura che fosse la cosa giusta. Quattro giorni dopo lei è morta, e so che non è stata né una mia né una sua scelta, ma so anche che riposa in pace.

Come ben avete capito non ho una vera opinione, non sono in grado di giudicare, posso solo scrivere i miei pensieri e condividerli con voi.

Nel bene e nel male, nonostante l’incertezza continuerò a vivere al meglio la mia vita.

precedente

successivo