Decisamente la mia vita è cambiata quel venerdì 15 novembre di quasi trent’anni fa, alle ore 10 del mattino. Quella data è incisa in modo indelebile nella mia mente come fosse successo ieri: campanella della ricreazione alla scuola elementare; mentre sfoglio i titoli del giornale locale, uno attira la mia attenzione: “Bimbo Down attende una mamma ed un papà”! In quell’attimo una tempesta di emozioni m’invade come una scossa elettrica: una sensazione potente percorre tutto il mio corpo fino a concretizzarsi nella mia testa in una frase “questo bimbo è mio figlio”. Non so spiegare a parole ciò che ho provato in quel momento, forse solo una donna che sa, per istinto, di aspettare un figlio prima di qualunque conferma medica, può in parte comprendermi.
Mancando di cellulare, chiedo a mio marito di telefonare immediatamente in tribunale dal vicino bar. Avevamo da pochi mesi ottenuto l’idoneità all’adozione e, nonostante le sue perplessità in merito, dovette cedere alla mia determinazione…
La giornata prosegue coi soliti impegni e, mentre rientriamo in casa verso sera, ancor sulle scale, sentiamo squillare il telefono; io dico: “è il Tribunale!” e lui mi guarda perplesso. Brucio gli ultimi gradini e rispondo: l’Assistente Sociale del Tribunale finalmente ci trova per convocarci a Trento il lunedì mattina. Sono certa che questo sarà il nostro ultimo fine settimana da soli!
All’appuntamento ci attende addirittura il Presidente del Tribunale Minori per un colloquio che testimonia subito grande attenzione ed estrema sensibilità.
L’indomani è prevista la sessione di Consiglio che deciderà…
Così martedì, per sicurezza, chiedo un giorno di congedo e resto attaccata al telefono di casa tutta la mattina; non sono agitata anche se le ore passano lente; finalmente verso l’una squilla: l’Assistente Sociale conferma ciò che il mio cuore aveva sentito dal primo momento: quel bimbo è nostro figlio e giungerà a casa nostra fra ventiquattr’ore!
Immaginate l’euforia e la frenesia: ci vediamo come in uno di quei film americani esagerati nei quali a tambur battente si deve preparare il necessario per una nuova vita: culla, carrozzina, fasciatoio, pannolini, vestitini… tra i vari acquisti dovrei scegliere anche il biberon, ma mi sembra prematuro.
Così, dopo un pomeriggio frenetico, e una sera a fantasticare, con una stanza zeppa di accessori pronti per lui, finalmente ci corichiamo consci che sarà l’ultima notte da soli! Il mercoledì mattina, dopo aver firmato a Trento tutti i documenti prescritti, lo aspettiamo a casa… e all’una: eccolo!
Quando vedo l’autista dell’auto blu che regge alcune scatole di latte in polvere, realizzo che non posso certo allattarlo; allora sì: il famoso biberon era proprio indispensabile. Il mio piccino ha la stanza piena di cose: tutto è pronto per accoglierlo, compresi fiocco azzurro e palloncini; ma lui ha fame e il biberon è rimasto in farmacia…